Psicologia: la consapevolezza del disagio
Anna non è felice. Ha trent’anni, un buon lavoro, un fidanzato con cui convive da due anni e la prospettiva di mettere su famiglia con lui, ha tanti amici, due amiche più intime, insomma ha tutto quello che si potrebbe desiderare alla sua età. Eppure non è contenta, si sente anche in colpa per questo. Ne ha parlato più volte con le sue amiche cercando di venirne a capo, le loro vite sono molto meno definite della sua e si sono anche un pò stancate di parlare sempre dei suoi problemi. Forse dovrebbe andare da uno psicologo ma l’idea non la attrae per niente. Ha sempre considerato male le persone che non se la sanno cavare da sole e anche un pò matte, poi in fondo non le sembra così grave il suo problema, anche se ha l’impressione di trovarsi in una strada diversa da quella che vorrebbe.
La presa di consapevolezza del proprio disagio psicologico e la ricerca di una soluzione adeguata sono passaggi non facili…Le cadute dell’umore per esempio possono manifestarsi in maniera subdola, magari innescate da eventi a cui la persona non ha dato rilevanza, così la consapevolezza arriva quando la sofferenza è già abbastanza avanti e non si è più in grado di risalirne le origini .
Non è così strano non rendersi conto di vivere un malessere, le giornate frenetiche possono tenerci occupati, distoglierci da noi stessi, e una diminuita voglia di fare e/o il restringimento del nostro campo di azione possono essere gli unici segnali, facilmente attribuibili alla stanchezza per il troppo lavoro o a qualche altra cosa.
I meccanismi di autoinganno del cervello poi fanno il resto: per mantenere stabile il nostro equilibrio possiamo trascurare elementi che potrebbero metterlo in discussione. Sono gli stessi meccanismi che impediscono di risolvere da soli certi problemi, per questo serve una relazione in cui discutere e confrontarsi, può funzionare un amico, un partner, un genitore, o un sacerdote. Lo psicologo è in genere l’ultima persona a cui ci si rivolge anche se il benessere e la sofferenza psicologica sono proprio il suo ambito di intervento. Dello psicologo si ha spesso paura, c’è diffidenza nei confronti della cura basata solo sulla parola e della temuta capacità dello psicologo di guardare dentro, di annullare la volontà, di manipolare a suo piacimento e ridurre le persone a una dipendenza frustrante.
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