da patrizia mattioli | Set 23, 2019 | Adolescenza, Genitorialità
Lo smartphone e i videogames, così come tutta la tecnologia, sono oggi parte integrante della quotidianità dei ragazzi: li divertono e li coinvolgono, tanto quanto preoccupano i loro genitori. Sono frequenti le richieste di consulenza su questo argomento.
Qualche esempio
Il padre di Lorenzo, terza media, chiede un colloquio perché vuole capire meglio cosa succede a suo figlio: da qualche tempo il suo rendimento scolastico è calato e Lorenzo sembra aver perso la motivazione alla scuola al punto che da alcuni giorni si rifiuta di andarci. Secondo il padre è tutta colpa dei videogiochi, ultimamente si è appassionato a uno in particolare, va con il cellulare in rete a giocare per ore, trascurando tutto il resto.
La mamma di Manfredi, terza media, è molto preoccupata perché suo figlio ha un rapporto morboso con i giochi elettronici. Il ragazzo è buono e introverso lei lo rimprovera spesso perché gioca troppo, lui si chiude in se stesso e piange.
Da qualche mese ha problemi a scuola. Hanno provato a togliere la Play Station sia per punizione, sia per togliere una distrazione dall’impegno scolastico, il risultato è stato innanzitutto una brusca caduta dell’umore in Manfredi.
Hanno restituito la Play al miglioramento dei voti e di nuovo si è verificata un’immersione morbosa nel gioco e un nuovo peggioramento scolastico. L’hanno tolta di nuovo, altra caduta dell’umore. E’ diventato un tira e molla che non sembra portare risultati stabili.
Il padre di Paolo, anche lui terza media, è preoccupato per suo figlio perché nell’ultimo anno ha avuto un forte calo nel rendimento scolastico e un ritiro sociale notevole, non esce con gli amici, preferisce rimanere a casa a giocare in rete con l’x-Box. Fatica a riconoscere suo figlio che è sempre stato un leader in classe e ogni occasione era buona per uscire con gli amici. Pensa che sia stato il gioco a deviarlo.
Le reazioni dei genitori
Alcuni genitori assumono atteggiamenti diffidenti verso i videogiochi, la tecnologia e la rete e tendono ad attribuire ad essi le difficoltà che osservano nei loro figli. L’atteggiamento diffidente impedisce loro di conoscere i mezzi e i luoghi virtuali frequentati dai figli, così spesso non hanno un’idea di cosa essi facciano mentre sono concentrati sul cellulare, e tendono a valutare qualsiasi attività online come dannosa. Questa in realtà è una valutazione parziale.
Nello smartphone per esempio c’è tutto: la radio, la televisione, la rete, i libri, i video e tutti gli spazi social in cui i ragazzi possono incontrare gli amici e chattare con loro.
Il cellulare è ormai ritenuto uno strumento utile anche ai fini didattici, molti insegnanti oggi invitano gli alunni a visitare siti o pagine precise in classe, durante la lezione; a casa spesso lo consultano mentre fanno i compiti per ricercare materiali, fare traduzioni, io stessa ho utilizzato in più occasioni la “passione”dei ragazzi per lo smartphone, per somministrare questionari e rilevare sondaggi.
Se alcuni genitori sono diffidenti, ce ne sono altri che hanno con la tecnologia lo stesso rapporto che rimproverano ai figli, e risultano perciò poco attendibili quando li biasimano perché trascorrono troppo tempo in rete: criticano a parole quello che rafforzano con i fatti.
Si parla molto di quale sia l’impatto delle tecnologie sul sistema nervoso umano, particolarmente su quello delle fasce più giovani e quale differenza ci sia tra la generazione digitale e quelle precedenti. Molti studiosi sostengono la tossicità del digitale, ma senza digitale e senza internet perderemmo molte opportunità. E’ necessario evidentemente trovare una misura nel tempo da dedicarvi, se è difficile per un adulto, lo è di più per un ragazzo.
Lorenzo, Manfredi e Paolo, presentano comportamenti simili, tutti sono molto assorbiti dal gioco ed è facile attribuire a questo la causa dei problemi scolastici. Spesso le cose sono più complesse e il gioco più che la causa, è la forma che assume il disagio, il sintomo di un problema più ampio e come tale può essere la porta di accesso per la comprensione di ciò che ne sta alla base.
(segue)
tratto da: Attaccamenti a Scuola di Mattioli, Di Marzo, Febi, Martirani – edito da Alpes Italia – Roma – 2017
da patrizia mattioli | Mar 13, 2017 | Adolescenza, Blog OPL
Una fase sperimentale
Per i rapporti di coppia l’adolescenza è un periodo di sperimentazione, caratterizzato dalla tendenza a provare e riprovare, in situazioni in cui per mancanza di esperienza le cose spesso non vanno bene al primo tentativo. Le delusioni sentimentali sono abbastanza frequenti.
Le ragazze entrano in media due anni prima dei ragazzi nella formazione sociale del gruppo e orientano i loro interessi di tipo affettivo e sessuale su ragazzi che hanno qualche anno più di loro.
Partecipare alla vita di gruppo permette di imparare e perfezionare la capacità di mettersi in relazione con coetanei dell’altro sesso e di provare ad entrare in rapporto con loro a vari livelli: dalla conversazione, alla battuta scherzosa, all’attenzione affettuosa, al corteggiamento.
Si comincia a sperimentarli senza esporsi troppo dato che si sta in gruppo.
E’ nel gruppo che di solito nasce il primo rapporto sentimentale, che può intensificarsi fino a che i due formano una coppia fissa che si frequenta anche al di fuori del gruppo. Spesso l’esperienza è fatta insieme a un’altra coppia, i quattro decidono di ritrovarsi per stare insieme al cinema o per fare una gita, con la possibilità per le coppie poi di isolarsi, ma di tornare a fare gruppo se durante l’esperienza a due uno dei membri della coppia si trova in imbarazzo o in ansia e non riesce a fronteggiarli.
L’innamoramento
In questo periodo un importante momento preparatorio del processo di apprendimento sociale che stiamo descrivendo è costituito dal sognare e fantasticare sulla persona verso cui ci si sente attratti e nel guardwarla.
La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze durante il tempo libero frequenta luoghi dove è più facile incontrare coetanei dell’altro sesso.
Ci sono luoghi dove il comportamento di approccio deve essere più esplicito, come i pub o le discoteche, situazioni dove l’approccio è più facile, come ad esempio nella squadra sportiva o nel gruppo, e luoghi in cui i contatti avvengono in modo quasi automatico, come a scuola.
Il primo approccio
Al primo approccio, tendenzialmente ci si aspetta che sia il ragazzo ad avvicinarsi, soprattutto nei pub o nelle discoteche, nei luoghi cioè più impersonali, anche se alcuni di loro, quelli che magari hanno un po’ più di paura a fare il primo passo, apprezzano che sia la ragazza ad avvicinarsi.
Alcuni ragazzi sentono particolarmente il peso del dover prendere l’iniziativa, hanno paura di non essere all’altezza, pensano che ci si aspetti molto da loro e possono reagire a queste pressioni manifestando atteggiamento bruschi. E’ un modo per superare l’imbarazzo e la vergogna.
Le tecnologie oggi intervengono in aiuto di questi ragazzi. Creano gruppi su whatsapp a cui sono sempre collegati. C’è un parallelismo dei gruppi che costruiscono e che frequentano nel mondo virtuale, con la frequentazione del gruppo reale. C’è un’affinità dei gruppi virtuali con i vecchi luoghi di ritrovo, per esempio la comitiva. Chi ha più difficoltà nel mondo reale può mettersi in contatto con la persona che interessa su whatsapp, esporsi di più e riuscire a fare dichiarazioni che di persona non riesce a fare, entrare in una maggiore intimità.
Il limite e le difficoltà personali però rimangano e quando ci si incontra non si riesce a mantenere lo stesso livello di intimità, così spesso queste relazioni non diventano reali, ma iniziano e finiscono su whatsapp o su qualche altro social.
La paura del rifiuto
Alla prime esperienze la paura di sbagliare è alta e si cerca di avere il maggior numero di informazioni sulla probabilità di successo dell’approccio: si cerca costantemente di osservare l’altro per capire se è interessato (se guarda, se si avvicina, se trova pretesti per parlare,….). Si chiede agli amici e ci si fa aiutare da loro: l’amico o l’amica vanno dal ragazzo o dalla ragazza che interessa e fanno da mediatore per scongiurare l’eventualità di un rifiuto che in questo momento peserebbe molto sull’autostima e sul proprio senso di proponibilità. Fare un buco nell’acqua sembra più drammatico (anche se più probabile) la prima volta, quando appunto si cominciano a valutare le proprie capacità di entrare in relazione con l’altro sesso, che non dopo, se e quando qualche successo ha rinforzato la propria autostima.
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da patrizia mattioli | Set 7, 2015 | Adolescenza
I primi rapporti sentimentali – I Parte
Una fase sperimentale
Per i rapporti sentimentali l’adolescenzaè un periodo di sperimentazione, caratterizzato dalla tendenza a provare e riprovare, in situazioni in cui per mancanza di esperienza, le cose spesso non vanno bene al primo tentativo. Si vivono delusioni che per molti sono la spinta a riprovare, per altri invece diminuiscono il desiderio di ritentare per paura di altre delusioni.
Molte sperimentazioni sono già state fatte nelle amicizie e nel gruppo di coetanei dello stesso sesso. Ora si entra nella comitiva di cui di solito fanno parte sia i ragazzi che le ragazze.
La comitiva
Dato che la maturazione puberale avviene nelle ragazze in media due anni prima che per i ragazzi, esse entrano prima dei coetanei nella formazione sociale della comitiva e orientano i loro interessi di tipo affettivo e sessuale su ragazzi che hanno qualche anno più di loro.
In comitiva soprattutto si parla, ci si confronta sugli argomenti più disparati (dalla scuola alla musica, dallo sport al cinema, ecc…), ogni membro del gruppo può ascoltare, osservare, conoscere sempre meglio gli altri componenti del gruppo, soprattutto quelli dell’altro sesso.
Partecipare alla vita di comitiva permette di imparare e perfezionare la capacità di stabilire rapporti con coetanei dell’altro sesso e di provare ad entrare in rapporto con loro a vari livelli: dalla conversazione, alla battuta scherzosa, all’attenzione affettuosa, fino al corteggiamento.
Si comincia a sperimentarli senza esporsi troppo dato che si sta in gruppo.
E’ in comitiva che in genere nasce il primo rapporto sentimentale tra un ragazzo e una ragazza, che può intensificarsi fino a che i due formano una coppia fissa che si ritrova anche al di fuori della comitiva. Spesso l’esperienza è fatta insieme ad altri nel senso che due ragazzi e due ragazze decidono di ritrovarsi per stare insieme al cinema , o per fare una gita, con la possibilità per le coppie poi di isolarsi, ma di tornare a fare gruppo se durante l’esperienza a due uno dei membri della coppia si trova in imbarazzo o in ansia e non riesce a fronteggiarli. A 19 anni circa la metà degli adolescenti ha vissuto la prima esperienza di coppia fissa nella comitiva, altri l’hanno vissuta indipendentemente dalla comitiva, e alcuni di loro l’hanno vissuta più volte.
L’innamoramento
La sperimentazione nel periodo adolescenziale per quanto riguarda i rapporti sentimentali è ancora più evidente se si pensa all’innnamoramento: a 19 anni quasi tutti gli adolescenti dichiarano di essere stati innamorati almeno una volta, molti di loro si sono innamorati più volte, affrontando ogni volta l’esperienza in modo diverso.
In questo periodo un importante momento preparatorio in questo processo di apprendimento sociale è costituito dal sognare e fantasticare sulla persona verso cui ci si sente attratti e nel guardarla. La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze durante il tempo libero frequenta luoghi dove è più facile incontrare coetanei dell’altro sesso.
Ci sono luoghi dove il comportamento di approccio deve essere più esplicito, come i pub o le discoteche, situazioni dove l’approccio è più facile, come ad esempio nella squadra sportiva o nella comitiva, e luoghi in cui i contatti avvengono in modo quasi automatico, come a scuola.
(segue)
da patrizia mattioli | Apr 29, 2013 | Adolescenza, Genitorialità, Scuola
Negoziare il tempo da dedicare allo studio
Le prestazioni scolastiche dei figli hanno una ricaduta particolare sulla vita dei genitori.
Se l’atteggiamento dei genitori di fronte allo studio oscilla tra il controllo (del tempo da dedicare allo studio, della gestione di un’interrogazione, ecc..), e la delega alla scuola e al ragazzo, è difficile per loro comprendere se e quali difficoltà egli possa avere di fronte agli impegni scolastici, ritrovandosi a volte ad affrontare risultati che lasciano perplessi e increduli senza avere il senso di come ci si sia arrivati.
Qualcuno si ritrova con una o due materie da portare a settembre se non addirittura la prospettiva di ripetere l’anno.
Molte volte una bocciatura arriva inaspettata perché i ragazzi hanno taciutoo sui risultati scolastici, altre volte fa seguito ad una flessione più o meno marcata del rendimento dopo un periodo soddisfacente.
La difficoltà scolastica viene spesso letta in funzione dello scarso impegno e della mancanza volontà, senza considerare che comportamenti inadeguati, disimpegni, rifiuti, sono in genere indicatori di malesseri affettivi e relazionali più complessi
La bocciatura per rimanere in tema, è un fallimento per il ragazzo, per i suoi genitori, per la scuola, ognuno ha la sua parte di responsabilità.
“Gli insegnanti non capiscono….sono stati ingiusti…non a hanno valutato l’impegno…non ti sei impegnato…..dovevo controllarti di più….o di meno…..” probabilmente tutte cose vere che tendono a spostare all’esterno, il problema, a cercare un colpevole: gli insegnanti , la scuola, il figlio o se stessi per spiegare il motivo di un insuccesso, senza mai arrivare a comprenderlo veramente..
Un figlio che va male o è bocciato, va a scuotere l’immagine di buoni genitori e mette in discussione il progetto educativo portato avanti fino a quel momento, se non anche qualche progetto personale investito sul ragazzo più o meno consapevolmente.
Insoddisfazioni lavorative e obiettivi mancati, possono fare investire il figlio di aspettative di riscatto.
Si vorrebbe che egli diventasse la persona di successo che non si è diventati e si da per scontato che lui condivida questo obiettivo, non considerando neanche l’eventualità che possa pensarla in modo diverso.
Resta da chiarire che, se il ragazzo/a si è giocato la promozione, qualche indizio deve averlo pur dato durantre l’anno scolastico, come mai nessuno se ne è accorto?
Le vicende della vita attuale portano a volte i genitori a caricarsi di impegni e responsabilità che vanno ben oltre le proprie possibilità, tanto da rischiare di perdere di vista il rapporto con i figli a favore delle preoccupazioni esterne, è facile allora distrarsi e prendere per buona una rassicurazione, è quello di cui hanno bisogno per andare a lavorare sereni: si accetta una comunicazione puramente verbale senza soffermarsi a valutare se questa è coerente con tutte le altre informazioni che il ragazzo invia su altri piani (attraverso l’umore, il tempo che dedica allo studio, le informazioni che da a mezza bocca, la presenza o meno di racconti di vicende scolastiche, la chiusura/apertura che manifesta nei confronti dei compagni e degli insegnanti ecc…)
E’ giusto dare fiducia e autonomia, un adolescente deve imparare a regolarsi da solo, prendere consapevolezza delle proprie responsabilità, ma l’ autonomia và vigilata da lontano per poter cogliere in tempo eventuali difficoltà.
C’è anche da dire che, se pure i genitori sono attenti, è difficile per loro entrare nel mondo di un figlio adolescente.E’ difficile per loro cogliere gli aspetti più personali delle difficoltà senza doversele attribuire , è difficile cogliere l’adolescenziale paura di deludere, di essere rimproverato, di stimolare bronci e critiche, rifiuti, esclusioni e divieti, prima di sentirsi genitori sbagliati. E’ forse qui il cuore del problema: le difficoltà, le incertezze, i limiti, dei figli fanno soffrirre. E un ragazzo lo sa, per questo gli sembra più facile non parlare delle difficoltà che incontra a scuola, sperando che le cose cambino, che i genitori non si accorgano che non è bravo, che è diverso da come lo vedono o lo vorrebbero, che magari si ribalti lo scenario, senza fare previsioni per il futuro e ritrovandosi poi esattamente al punto che voleva evitare, ma offrendo all’esterno la possibilità di chiamare in causa lo scarso impegno e la mancanza di volontà.
da patrizia mattioli | Set 28, 2012 | Adolescenza
Adolescenti che sofferenza!
Ogni adolescente ha le sue caratteristiche individuali uniche e irripetibili, ma ci sono aspetti di base che accomunano tutti gli individui adolescenti, per lo meno quelli delle ultime generazioni appartenenti alla cultura occidentale.
Sono aspetti di sensibilità e vulnerabilità che viviamo anche una volta adulti, ma che assumono nell’adolescenza caratteristiche particolare ed emergono all’interno dei particolari passaggi della crescita.
Il corpo che cambia
Il primo è quello del cambiamento corporeo.
La perdita del corpo infantile che avviene a seguito dello sviluppo puberale, ha ripercussioni importanti sul piano dell’identità personale soprattutto se il corpo ne rappresenta uno degli elementi principali (se cioè si hanno pochi altri elementi per mantenere un senso di continuità nel passaggio dall’infanzia all’età adulta).
Non ci troveremo più, nel corso della vita, ad affrontare un cambiamento così radicale nell’aspetto fisico, come quello che avviene durante l’adolescenza, se non in caso di gravi incidenti o malattie (per le donne va considerato il caso della gravidanza che comporta un notevole cambiamento fisico in un breve periodo di tempo).
Normalmente, il corpo cambia così lentamente da dare quasi l’impressione che resti fermo. Questo permette di adattarsi gradualmente ai cambiamenti dovuti al passare del tempo.
Il cambiamento che avviene durante lo sviluppo invece, comporta una revisione totale dell’identità corporea, costringendo l’individuo adolescente a passare abbastanza velocemente da un corpo bambino ad un corpo adulto.
Il corpo che cambia rapidamente attrae l’attenzione del/lla ragazzo/a che passa molto tempo davanti allo specchio e si confronta continuamente con gli altri: nessuno è mai soddisfatto del proprio corpo. Ne deriva un senso di estraneità e di inadeguatezza che sono tra le cause della grande sensibilità in questa età, al giudizio degli altri, soprattutto a quello dei coetanei, proprio per il bisogno di avere una conferma esterna dell’accettabilità del corpo anche dopo il cambiamento.
Da adolescenti poi, per una forma di egocentrismo adolescenziale, si pensa di essere sempre al centro dell’attenzione degli altri e questo aumenta ancora di più la sensibilità al loro giudizio.
Anche il pensiero cambia
Il secondo passaggio importante è quello che viene definito lo sviluppo del pensiero astratto.
La maturazione del sistema nervoso consente nell’adolescenza di sviluppare la capacità di andare oltre i fatti concreti elaborando ipotesi e teorie sulla realtà al di là di quella vissuta personalmente.
Tale capacità, che permette di assumere una posizione più distanziata e critica nei confronti di se stessi e degli altri, non sempre viene vissuta come un’acquisizione positiva. Quando si comincia ad avere consapevolezza dei proprii e degli altrui sentimenti, il mondo sembra improvvisamente più complicato e ambiguo e le ondate di pensieri e sentimenti che assalgono possono sopraffare lapersonale capacità di affrontarli. Per questo a volte c’è bisogno di allontanarsi dal mondo sociale (ritirandocsi in se stessi) o dalle riflessioni in generale (scegliendo attività magari considerate superficiali ma che permettono di non pensare).
Il cambiamento di atteggiamento nei confronti della realtà, permette una nuova consapevolezza del proprio sé che risulta però diviso in un Sé reale, costituito dai sentimenti più intimi e dalle idee personali da tenere segreti, e un Sé apparente costituito dalle caratteristiche da mostrare agli altri. Questo darà un senso di precarietà e vaghezza al senso di identità personale, che si risolverà solo alla fine dell’adolescenza.
Come si modifica il rapporto con i genitori?
Rendersi conto che la realtà può essere interpretata secondo diversi punti di vista, porta ad una visione più relativistica di quello che la realtà è. E questo introduce il terzo passaggio che riguarda la separazione dalle figure genitoriali. Separazione che va intesa più in senso emotivo che fisico dal momento che la maggior parte degli adolescenti non si allontana ancora dalla famiglia.
I genitori che durante l’infanzia e la fanciullezza erano considerati come depositari di verità e valori assoluti, ora vengono considerati come persone comuni (relativizzati appunto), con le insicurezze e i problemi che caratterizzano la vita di tutti e quindi anche meno essenziali per la conferma della propria identità, conferma che comincia a essere ricercata nei rapporti extrafamiliari: nell’amicizia, nei rapporti sentimentali, con altri adulti.
Durante l’adolescenza si passa gradualmente da uno stato in cui l’aiuto, la guida, il sostegno, l’approvazione e la rassicurazione provengono dai genitori (dipendenza), a uno stato intermedio in cui il sostegno e l’approvazione provengono dalle amicizie (non poter sperimentare rapporti di amicizia o relazioni sentimentali durante l’adolescenza è all’origine di profondi sentimenti di solitudine), dai rapporti sentimentali, dai rapporti con altri adulti, per arrivare allo stato in cui si è in grado di pensare, valutare, fare scelte, prendere decisioni, seguendo il proprio punto di vista, senza grossi incoraggiamenti esterni (autonomia). Durante questo percorso si susseguono vari stati emotivi: la rabbia (nei confronti dei genitori per la scoperta dei loro limiti), la colpa (per l’allontanamento da loro), il senso di indipendenza (dopo aver ritrovato un equilibrio) e tutto avverrà tanto meno dolorosamente, quanto più stabile e sicuro sarà stato l’attaccamento. Quando da adolescenti si manifestano problemi personali (per esempio una flessione più o meno prolungata dell’impegno scolastico), questi sono quasi sempre legati alle rielaborazioni emotive dei legami di attaccamento (cioè al cambiamento dell’immagine dei genitori, alla relativizzazione dei valori e delle norme familiari, alla separazione più o meno concreta dalla famiglia)
Essere adolescenti significa trovarsi in uno stato di generale sensibilità e vulnerabilità in cui il giudizio, la considerazione e il riconoscimento da parte degli altri assumono un’importanza particolare. L’insicurezza e la vergogna sono sentimenti all’ordine del giorno. E’ tra questi temi, che attraversano trasversalmente questa fase di crescita, che si orienta l’individuo adolescente.
Naturalmente essere adolescenti significa molte altre cose.
da patrizia mattioli | Set 28, 2012 | Adolescenza
Andy Warrol
Adolescenza
Adolescenza, solo a nominarla questa parola richiama alla mente scenari di crisi, problemi, conflitti. Nell’immaginario collettivo attuale l’adolescenza è sempre associata a momenti di forte impatto emotivo naturalmente negativo.
I figli adolescenti si sentono spesso trattati dai propri genitori come se fossero bombe a orologeria pronte a scoppiare da un momento all’altro.
Ma che cos’è l’adolescenza per incutere tanta inquietudine: una malattia, un percorso ad ostacoli, un fulmine che ti colpisce se cammini vicino agli alberi quando piove?
L’adolescenza non è un fenomeno universale, in molte società primitive neanche esiste: i ragazzi e le ragazze passano direttamente dall’infanzia all’età adulta attraverso riti di passaggio che trasmettono loro il patrimonio culturale della collettività a cui appartengono.
Nella società moderna sembrava più utile ritardare il momento dell’inserimento nel mondo adulto.
E’ nato così quel periodo nuovo dell’esistenza umana, chiamato adolescenza. Inizialmente solo come breve fase di passaggio. Oggi come fase evolutiva, al pari dell’infanzia e della fanciullezza, che inizia con lo sviluppo puberale e si conclude con lo sviluppo dell’autonomia e l’acquisizione dei ruoli e delle responsabilità adulte, un periodo dunque di circa 10/12 anni. anni che servono, tra le altre cose, a riorganizzare l’identità personale costruita nelle fasi precedenti.
A casa
Al ragazzo adolescente non piace essere considerato una bomba e non si capacita delle reazioni degli adulti quando rivendica i propri diritti. Se fino a poco tempo prima era disposto a rispettare un divieto solo perché dato da un genitore, ora non accetterà nessuna regola su cui non abbia prima discusso e che non abbia compreso.
Gli adolescenti non capiscono perchè i padri se la prendono tanto se vogliono fare di testa loro, perché le madri si allarmano quando vogliono tenere qualche segreto, o perché entrambi i genitori reagiscono così male quando esprimono idee diverse dalle loro, o vogliono fare tardi la sera.
Quando l’adolescente si rende conto di avere opinioni e idee personali, diverse da quelle dei suoi genitori, si aspetta che queste vengano riconosciute e rispettate ed è disposto a discutere di continuo per questo. Si aspetta dunque di essere ascoltato, considerato, insomma di essere trattato alla pari.
A scuola
A scuola non può essere diverso. Qui i ragazzi si aspettano di essere considerati dai professori e dai compagni, di poter sviluppare i propri interessi culturali, di poter discutere con l’insegnante sui contenuti delle lezioni, di potersi costruire rapporti di amicizia importanti e di fare le prime esperienze sentimentali.
Non gli piace essere troppo al centro dell’attenzione, ma neanche essere ignorati.
Vogliono conoscere il perché delle cose e apprezzano chi spiega senza prevaricare. Hanno bisogno di proteggere i proprii sentimenti più intimi e le idee più personali, che riservano per i rapporti speciali, e nello stesso tempo hanno bisogno di raccontarsi di confrontarsi, di parlare dei propri successi e dei propri fallimenti.
Non vogliono essere trattati da ragazzini e sono molto sensibile al giudizio degli adulti, soprattutto di quelli che ammirano di più e a cui vogliono assomigliare.
I ragazzi a scuola si aspettano di trovare sostegno e modelli da seguire, ancora di più se con i genitori si trovano in difficoltà.