Le regole della comunicazione. (1)

Paul Watzlawick

Paul Watzlawick

Gli assiomi della comunicazione

Secondo gli studiosi del Mental Research Institute di Palo Alto comportamento e  comunicazione sono sinonimi. Tutto il comportamento, non solo le parole, i loro significati e le loro configurazioni, è comunicazione e tutte le comunicazioni influenzano il comportamento.

Secondo gli studiosi di questo modello teorico di riferimento, detto  pragmatico-ralazionale, si possono focalizzare alcune proprietà della comunicazione che hanno implicazioni fondamentali sul piano interpersonale:
1) l’impossibilità di non-comunicare;
2) i livelli comunicativi di contenuto e di relazione;
3) la punteggiatura della sequenza di eventi;
4) la comunicazione numerica e analogica;
5) l’interazione complementare e simmetrica.

1) L’impossibilità di non-comunicare
Tutti i comportamenti che si manifestano durante le interazioni tra due o più persone ha valore di messaggio, è una comunicazione. Il comportamento non ha un suo opposto, non esiste qualcosa che sia un non-comportamento, ne consegue che non si può non-comunicare.
L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri a loro volta non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.
Due persone che salgono insieme in ascensore e durante il tragitto guardano fisso nel vuoto, si stanno comunicando il desiderio di non comunicare. Lo studente che se ne sta per conto suo in classe durante la ricreazione sta comunicando che non vuole parlare con nessuno e i suoi compagni in genere recepiscono il messaggio e lo lasciano stare. I messaggi inviati non corrispondono necessariamente ai messaggi ricevuti.

2) I livelli comunicativi di contenuto e di relazione
Ogni comunicazione comporta un impegno e definisce la relazione tra i comunicanti, contiene cioè due aspetti: un aspetto relativo al contenuto, cioè il significato dell’informazione contenuta in un messaggio, e un aspetto relativo alla relazione, cioè al modo in cui si deve assumere la comunicazione. E’ diverso per esempio dire “vi prego di fare silenzio per consentire il proseguimento della lezione” da “fate silenzio e seguite la lezione”. Anche se hanno più o meno lo stesso contenuto, le due frasi definiscono relazioni docente/allievi molto diverse tra loro. Questo aspetto della comunicazione è in genere meno consapevole.
Si ritiene che l’aspetto di contenuto e l’aspetto di relazione siano indirettamente proporzionali: più una relazione è spontanea sana, più l’aspetto relazionale della comunicazione rimane sullo sfondo e, al contrario più una relazione è disturbata più è caratterizzata da conflitti continui per definire la natura della relazione e l’aspetto di contenuto diventa sempre meno importante.

3) La punteggiatura della sequenza di eventi
Un’altro principio della comunicazione riguarda la relazione tra i comunicanti, quella che è stata definita la punteggiatura della sequenza di eventi. Si tratta di rapporti diciamo di causa-effetto, su cui le persone coinvolte in una sequenza comunicativa possono concordare o meno, secondo questi ad ognuno dei partecipanti sembrerà di rispondere ad una provocazione dell’altro e viceversa.
Tali modelli diventano poi regole contingenti che concernono lo scambio di rinforzo. Non è importante stabilire se la punteggiatura della sequenza di comunicazione sia buona o cattiva, ma sapere che essa organizza gli eventi comportamentali ed è quindi vitale per le relazioni  in corso.
Per es. generalmente diamo il nome di leader a una persona che si comporta in un certo modo in un gruppo e chiamiamo seguace un’altra persona che si comporta nel modo opposto anche se è difficile dire quale dei due abbia iniziato per primo o quale sarebbe la posizione dell’uno se non ci fosse l’altro.
Molti conflitti di relazione sono dovuti al disaccordo su come punteggiare la sequenza di eventi. Prendiamo un insegnante e uno studente che hanno un problema di cui ciascuno ha la sua parte di responsabilità: lo studente affrontando lo studio in maniera insufficiente, l’insegnante comportandosi in maniera severa e criticando. Se spiegano il perché della loro condotta, lo studente afferma che non ha voglia di studiare perché l’insegnante ormai lo ha preso di mira e lo ha etichettato come svogliato, qualsiasi impegno scolastico sarebbe valutato in maniera insufficiente, l’insegnante invece considera questa spiegazione come una deformazione di ciò che succede realmente dal momento che lei si è fatta un’opinione negativa del ragazzo perché lui non ha voglia di studiare e critica lo studente per il suo scarso impegno.

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4) La comunicazione numerica e analogica
Nella comunicazione umana possiamo fare riferimento agli oggetti in due modi: o rappresentarli con un’immagine, o dar loro un nome. Questi due modi di comunicare sono equivalenti ai concetti di analogico (l’immagine) e di numerico (la parola). Il rapporto tra nome e cosa nominata è un rapporto arbitrario, una convenzione semantica della lingua, senza alcuna ragione particolare per cui una determinata parola, per es. la parola gatto, denoti un particolare animale.
Nella comunicazione analogica c’è invece qualcosa che è specificamente simile all’oggetto in questione. Essendo molto più antica, ha un valore più ampio rispetto alla comunicazione numerica più recente astratta.
La comunicazione analogica è qualsiasi comunicazione non-verbale: le posizioni e i movimenti del corpo, i gesti, l’espressione del viso, le inflessioni della voce, come anche i segni di comunicazione presenti nel contesto in cui ha luogo un’interazione.
L’uomo sembra l’unico organismo che utilizza modalità analogiche e numeriche di comunicazione. Il linguaggio numerico ha persmesso lo scambio di informazioni e la trasmissione di conoscenza nel corso del tempo, che altrimenti non sarebbero state possibili. C’è un settore però in cui contiamo quasi esclusivamente sulla comunicazione analogica ed è quello della relazione. Qui il linguaggio è pressoché privo di significato: si può dire qualsiasi cosa con le parole, ma è difficile sostenerla sul piano analogico se è una bugia.
Abbiamo detto che ogni comunicazione ha un piano di contenuto e uno di relazione e che nelle relazioni equilibrate e spontanee i due piani coesistono e sono reciprocamente complementari in ogni messaggio. L’aspetto di contenuto ha più probabilità di essere trasmesso con un modulo numerico, e quello di relazione con un modulo analogico.
L’uomo deve combinare questi due linguaggi (come trasmettitore e come ricevitore) e continuamente tradurre dall’uno all’altro, il che comporta inevitabilmente degli errori.

5) L’interazione complementare e simmetrica
Le relazioni tra individui possono essere basate sull’uguaglianza o sulla differenza. Nel caso dell’uguaglianza, gli individui che interagiscono tendono a rispecchiarsi l’uno nel comportamento dell’altro e danno luogo ad un’interazione simmetrica. Nel caso della differenza il comportamento di un partner completa quello dell’altro e costituisce un tipo diverso di Gestalt (forma) comportamentale, si avrà allora un’interazione complementare. Nella relazione complementare si hanno due diverse posizioni: una posizione superiore, primaria che viene chiamata one-up e la corrispondente inferiore, secondaria, chiamata one-down.. Questi termini non implicano una valutazione come buono, cattivo, forte o debole, semplicemente definiscono il tipo di relazione che si può creare tra due individui. La relazione tra due studenti è una relazione simmetrica, la relazione insegnante-allievo è una relazione complementare. In una relazione, due diversi comportamenti che si sono adattati ai rispettivi ruoli, sono interdipendenti, cioè si richiamano a vicenda. Un individuo non impone ad un altro una relazione complementare, ma piuttosto ognuno di loro si comporta in un modo che presuppone il comportamento dell’altro e nello stesso tempo gliene fornisce le ragioni.
Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.

In sintesi: l’impossibilità di non comunicare rende comunicativa qualsiasi situazione interpersonale. La comunicazione che ne risulta avviene a un duplice livello: di contenuto e di relazione; e con un duplice linguaggio: numerico e analogico che deve essere continuamente tradotto. Durante l’interazione, che può essere caratterizzata dall’uguaglianza o dalla differenza, i partecipanti avranno l’impressione di reagire alle azioni dell’altro e/o di provocarle.

Il sogno (II parte)

Beautiful world - Renè Magritte

Beautiful world – Renè Magritte

Come svelare il mistero del sogno?

Il sogno viene messo in scena in base ad una serie di processi, che hanno caratteristiche peculiari (C.Lalla 1990).

Secondo il primo processo un elemento concreto può rappresentare un elemento astratto con cui è in relazione: l’immagine del padre ad esempio può rappresentare la maturità, un’automobile può rappresentare la velocità e così via.

Lo stesso vale per il contrario (secondo processo): un elemento concreto può essere rappresentato da uno astratto. Così un’atmosfera di pericolo sostituisce nel sogno l’oggetto o l’evento che sono costruiti come pericolosi.

Un terzo processo si ha quando un elemento ne rappresenta un altro con cui ha alcuni aspetti in comune. Se prendiamo ad esempio il cavallo e la tigre: entrambi possono essere considerati come attraenti e selvaggi, anche se la tigre può essere considerata molto pericolosa, mentre il cavallo può essere addomesticato.

Il quarto processo si manifesta per analogia. Poniamo il caso di una donna sposata che considera la relazione con il marito come molto simile a quella che aveva con il padre: ella potrà sognare di essere sposata al padre.

Il quinto processo si ha quando una parte di un tutto rappresenta il tutto: un mobile per esempio può rappresentare una stanza.

Il sesto processo lavora in direzione opposta: il tutto viene rappresentato nel sogno per intenderne una sua parte. Un luogo geografico può rappresentare simbolicamente lo spirito dei suoi abitanti.

Attraverso il settimo processo vengono rappresentati elementi che ne simboleggiano altri a cui sono in qualche modo legati: sognarsi con i capelli in disordine o acconciati male, può evidenziare un’insoddisfazione per esempio, per le proprie caratteristiche mentali.

Nell’ottavo processo l’immagine onirica viene messa in scena per assonanza, così il senso di frustrazione può essere rappresentato dall’immagine di venir frustati.

Nel nono processo un elemento ne rappresenta un altro che ha la stessa denominazione: la suora può sostituire la sorella, il pagare l’espiare, ecc..

Nel decimo processo l’immagine è la rappresentazione alla lettera di una metafora. Il sentirsi feriti nell’animo per le parole di qualcuno può diventare nel sogno l’immagine di un cane che morde all’altezza del cuore.

Questi dieci processi corrispondono in termini cognitivi a ciò che Freud aveva chiamato spostamento.

Un altro processo che segue il sogno, che nella terminologia di Freud si chiamava condensazione, è quello per cui due elementi simili nella realtà possono dar luogo a due immagini fuse nel sogno (se per esempio nel pensiero del sognatore c’è l’idea che due amici hanno in comune un difetto o una qualità, le loro due immagini possono risultare fuse nel sogno).

Le immagini oniriche sono il risultato dell’operare di uno o più di questi processi.

Secondo Freud il mascheramento delle reali immagini del sogno era necessario per eludere la censura psichica e permettere una via di accesso alla coscienza a contenuti rimossi perché inaccettabili, senza disturbare il sonno. Questo punto di vista non è oggi più proponibile per tanti motivi il più importante è che oggi non si può più pensare all’apparato psichico come governato soltanto dalla tendenza a ridurre le tensioni e esaudire desideri. Come ha già detto (vedi I parte), il sogno è considerato oggi come il modo in cui funziona l’intelligenza durante il sonno.

Il sogno è la realizzazione allucinatoria di un desiderio allo stesso modo in cui lo può essere una fantasia ad occhi aperti. Se poi il sogno evidenzia aspetti che la persona non riconosce come propri, la sua attenta lettura può facilitarne la consapevolezza, così come può facilitare il riconoscimento di mete personali represse e di sentimenti inconsapevoli.

Per interpretare adeguatamente un sogno, la prima cosa da fare è ovviamente di ricordarlo e trascriverlo. Molti non ricordano di aver sognato quando si svegliano, ma sembra che questo sia solo un problema di allenamento. Quando cominciamo ad avere interesse ai sogni cominciamo anche a ricordarli, più lo facciamo e più ce li ricordiamo.

La seconda cosa da fare è chiederci che tipo di emozione abbiamo provato nel sogno, quando ci siamo svegliati e mentre lo trascrivevamo.

Le emozioni hanno una parte importante perché sono l’unico aspetto del sogno che rappresenta solo se stessa: un’immagine può rappresentarne un’altra, un’emozione invece no. Per questo l’emozione del sogno rappresenta una importante chiave di lettura. Se ci siamo sognati in ansia ad esempio questo ci indirizza a cercare cosa ci faceva sentire così nel sogno e se questo ci ricorda qualcosa della vita reale.

E’ necessario poi focalizzare l’attenzione sugli stati d’animo e i pensieri con i quali ci siamo addormentati e quali esperienze importanti abbiamo fatto il giorno prima e anche queste da quali pensieri, emozioni e sentimenti sono state accompagnate. Abbiamo già detto che le vicende del giorno prima possono aver avuto un peso nella costruzione del sogno.

Analizziamo poi le immagini del sogno (tenendo presenti i dieci processi che abbiamo elencato), facendo attenzione alle caratteristiche dei personaggi del sogno e alle relazioni stabilite con loro nonché alla storia del sogno e ai luoghi in cui è ambientato. Le figure del sogno possono rappresentare sia persone e cose che caratteristiche personali. Quanto più tali figure sono lontane dalla nostra quotidianità o quanto più hanno caratteristiche irreali, tanto più è probabile che rappresentino caratteristiche personali.

E’ possibile che facendo un’analisi sistematica dei nostri sogni ci rendiamo conto che ognuno di noi tende a utilizzare dei simboli privilegiati.

I sogni ricorrenti in genere riflettono la presenza di problemi insoluti. Un cambiamento avvenuto nel sogno può significare un cambiamento reale in atto.

 

Il sogno (I° parte)

Il sogno - Renè Magritte

Il sogno – Renè Magritte

Il sogno va letto o interpretato?

Il sogno è una particolare attività mentale che si svolge durante il sonno e di cui è possibile mantenere il ricordo al risveglio attraverso le immagini, i pensieri le emozioni che lo hanno caratterizzato. E’ evidente a tutti noi che le leggi che regolano il sogno sono molto diverse da quelle che regolano l’attività mentale diurna soprattutto i rapporti di causa-effetto, i concetti di spazio, tempo e identità sembrano sfuggire a tutte le regole della coerenza.

Il sonno è uno stato fisiologico in cui i rapporti sensoriali e motori con l’esterno sono interrotti. Si manifesta in due forme: una caratterizzata da rapidi movimenti oculari, chiamata sonno REM (Rapid Eye Movements), l’altra caratterizzata da assenza di movimento oculare, detta non-REM. Durante il sonno si alternano stati di sonno REM e NREM a intervalli regolari: il ciclo completo dura nell’uomo circa 90 minuti. Noi sogniamo prevalentemente durante il sonno REM. Il sonno REM e il sogno coprono il 20-25% della durata del sonno.

Sul piano fisiologico l’attività delle nostre cellule cerebrali durante il sogno è la stessa dello stato di veglia, cioè il nostro cervello è attivo esattamente come quando siamo svegli, mentre i nostri muscoli sono completamente passivi. Il fatto che il nostro cervello rimanga attivo, può spiegare, sul piano fisiologico, perché i sogni sono spesso movimentati e vi si susseguono continuamente inseguimenti, cadute e fughe. Il completo rilassamento dei muscoli è invece all’origine, sempre considerando solo l’aspetto fisiologico, di altre sensazioni. Tale rilassamento avviene a volte in maniera così rapida e totale da causare le sensazioni di cadere o di volare che capitano spesso nei sogni. Per lo stesso motivo capita a volte di volerci muovere durante il sogno e di non riuscire a farlo. Se i nostri muscoli non fossero in uno stato di passività noi tenderemmo a muoverci in base alle immagini del sogno: gesticolare, camminare o magari gettarci nel vuoto, piuttosto che stare fermi dentro il letto.

Nel sogno in genere le emozioni sono molto intense e ne possono causare l’interruzione. L’ansia, la paura e la sorpresa sono le emozioni che più facilmente vengono amplificate, mentre la depressione, la vergogna e la colpa compaiono meno.

Abbiamo detto che nel sogno tutte le regole naturali sono infrante e tempo, luoghi e persone possono essere messi in scena in maniera bizzarra. Nonostante ciò, mentre sogniamo consideriamo normali tutte le cose che vediamo e sentiamo, anche le più assurde.

I sogni sono caratterizzati prevalentemente da immagini visive e un pò meno da sensazioni uditive, tattili e cinestesiche. Il gusto e l’olfatto intervengono più raramente e quasi mai riferiamo sensazioni di dolore anche se nel sogno ci può capitare di vivere situazioni drammatiche e subire danni fisici.

Tutti i mammiferi sognano.

Tutti siamo interessati a capire i sogni, o perché ci affascinano, o perché ci spaventano. Per alcuni di noi essi possono rappresentare un’evasione dalla vita quotidiana, per altri possono rappresentare dei fantasmi da cui fuggire. In entrambi i casi condizionano la nostra vita.

Considerati messaggi di dei o demoni, nell’antichità i sogni venivano utilizzati come segnali per predire il futuro o come manifestazioni soprannaturali che potevano essere comprese soltanto con l’aiuto di oracoli.

Nel Medioevo il divieto imposto dalla Chiesa all’utilizzo di qualsiasi pratica per la predizione del futuro farà cadere i sogni in un oblio da cui usciranno soltanto nel Diciannovesimo secolo. In questo periodo Freud  imposta la sua teoria dell’apparato psichico e utilizza i sogni come canale privilegiato di accesso all’inconscio. Egli sosteneva che il sogno fosse un tentativo di appagamento mascherato di un desiderio inconscio rimosso perché inaccettabile.

Oggi la psicologia cognitivista spiega l’esistenza dei sogni in maniera diversa: non tanto mascheramento di desideri e fantasie inconsce o via privilegiata per accedere a dimensioni nascoste della personalità, quanto piuttosto uno dei modi attraverso cui si manifesta il proprio modo di essere e di mettersi in rapporto con il mondo circostante, una specie di presentazione della propria personalità. Per questo motivo il sogno va più letto che interpretato.

Il sogno è dunque una forma particolare di pensiero che avviene durante lo stato di sonno, la forma che assume l’intelligenza durante la notte dal momento che, come il cervello, rimane attiva anche se dormiamo. Attraverso il sogno manteniamo una certa continuità di esperienza nel passaggio dalla veglia al sonno. L’attività onirica sembra infatti contribuire al mantenimento del proprio equilibrio psicologico soprattutto nei momenti in cui eventi esterni o interni minacciano la nostra stabilità. In altre parole, i sogni contribuiscono a mantenere stabile il nostro senso di identità personale.

Persone private del sogno (svegliate in situazioni sperimentali all’inizio di ogni sogno), manifestano infatti, dopo alcuni giorni, segnali di scompenso psichico.

Oggi si pensa anche che un’altra funzione del sogno sia quella di confrontare esperienze attuali con esperienze passate e mettere in ordine le esperienze fatte durante il giorno in un momento in cui il cervello è più libero di farlo perché non costretto ad elaborare altri stimoli provenienti dall’esterno: una specie di aggiornamento dei documenti archiviati nella nostra memoria.

Il significato del sogno va perciò considerato all’interno di una specifica realtà che è quella della persona che lo ha generato.

Per questo motivo la psicologia cognitivista non parla di interpretazioni generali dei sogni, ma di interpretazioni in relazione alle caratteristiche psicologiche della persona che ha fatto il sogno e del momento di vita in cui è avvenuto.

Il sogno si costruisce utilizzando esperienze passate trasformate in immagini visive. Il passato può essere anche molto recente ed essere riferito al giorno prima del sogno. La scelta di quello che sarà il soggetto onirico viene fatta spesso durante la veglia, quando entriamo in contatto con oggetti che sono in una qualche relazione con i nostri pensieri più inconsapevoli.

Nel sogno, come nella veglia, esprimiamo il nostro modo di vedere noi stessi, il mondo, il futuro e gli altri.

Il contenuto dei sogni può non rivelare niente di nuovo rispetto a quello che viviamo da svegli. Non sempre però siamo consapevoli da svegli di alcuni aspetti importanti della nostra vita cosicché il sogno risulta utile per reindirizzare la nostra attenzione.

Che differenza c’è tra psichiatria, psicologia psicoanalisi e psicoterapia?

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Freud

Che differenza c’è tra psichiatria, psicologia psicoanalisi?

Vorrei spiegare per grandi linee quali sono gli ambiti di studio e di intervento di queste tre discipline per dare una prima collocazione a quel settore della scienza che va sotto il nome di Psicologia.

Cominciamo dalla psichiatria.

Il termine psichiatria si riferisce a quella branca della medicina che studia la patologia e il trattamento delle malattie mentali. Il campo delle malattie mentali è qui inteso in un senso molto ampio dal momento che comprende sia gli stati di sofferenza in cui risultano compromesse le capacità intelletive (insufficienze mentali, demenze) o in cui è compromessa la capacità di integrazione della personalità (schizofrenie), sia gli stati in cui le capacità intellettive o l’integrazione della personalità sono risparmiate (personalità psicopatiche), sia gli stati di sofferenza temporanei (confusioni mentali, epilessie), sia le patologie dell’affettività (distimie, ciclotimie), sia le reazioni ad eventi traumatici sia le varie forme di nevrosi.

Nell’antichità e nel medioevo le malattie mentali erano considerate di origine sovrannaturale (divina o demoniaca) e i malati di mente venivano emarginati e reclusi in condizioni disumane quando non correvano il rischio di essere messi al rogo. I primi tentativi di collegare la malattia mentale a qualcosa di più terreno avvengono soltanto nel diciassettesimo secolo ed è in quel periodo che viene coniato il termine psichiatria.

Nel diciottesimo secolo, la psichiatria comincia a considerare la malattia mentale come la conseguenza di alterazioni o lesioni del cervello. Da questa prima impostazione della psichiatria detta organicista proprio perché tende a spiegare i disturbi psichici in base a fattori organici (lesioni anatomiche, disfunzioni fisiologiche, alterazioni biochimiche), nascerà la neuropsichiatria la scienza che attualmente si occupa della ricerca delle corrispondenze tra malattia mentale e malattia neurologica.

La cura organica della malattia mentale si è basata in passato, prevalentemente sull’elettroshock-terapia e sulla psicochirurgia (lobotomia, lobectomia), negli ultimi anni c’è stato invece uno straordinario sviluppo delle farmacoterapie (terapie che si basano sull’assunzione di sostanze chimiche – i cosiddetti psicofarmaci-), che oggi rappresentano il metodo di cura prevalente.

La psichiatria organicistica era prevalentemente descrittiva, cioè preoccupata soprattutto di descrivere e classificare le malattie mentali in base ai sintomi osservabili senza preoccuparsi dei meccanismi che ne erano alla base. La nascita della psicoanalisi alla fine del diciannovesimo secolo e di tutte le psicoterapie che si sono sviluppate nei vari orientamenti psicologici nel ventesimo secolo, hanno influenzato notevolmente il punto di vista psichiatrico che da descrittivo è divenuto dinamico.

Questa seconda impostazione metodologica della psichiatria detta psicogenetica ritiene che la malattia mentale abbia un’origine psichica e l’interesse è quindi orientato alla ricerca dei processi e dei meccanismi psicologici che ne sono alla base. Dall’impostazione psicogenetica si sviluppa e si separa la psicopatologia. La psicopatologia, che come branca della psichiatria apparteneva alla medicina, è oggi una disciplina psicologica che studia le patologie dell’attività psichica dal punto di vista dello sviluppo psichico. Il punto di vista psicopatologico infatti considera oggi il sintomo come il segnale di un diverso modo di elaborare l’esperienza (approccio psicologico) e non come una forma di devianza funzionale (approccio psichiatrico). Normalità e patologia non rappresentano più la norma o la devianza, ma modi diversi di fare esperienza e di rispondere agli stimoli. Entrambe seguono le stesse regole psichiche.

Il punto di vista organico e quello dinamico, inizialmente in contrapposizione, sono oggi più integrati tra loro dal momento che le dinamiche psichiche hanno un ruolo importante anche nelle psicopatologie in cui è riscontrabile una causa organica.

SnoopyLa psicologia è la scienza che studia, descrive e interpreta i fenomeni psichici servendosi del metodo sperimentale, della statistica e dei modelli matematici.

Per fenomeni psichici si intende nell’uomo: il comportamento, l’intelligenza, la memoria, la percezione, l’attenzione, i vissuti interiori come le emozioni o i sentimenti, i meccanismi inconsci. Negli animali gli studi sono focalizzati prevalentemente sull’osservazione del comportamento.

La psicologia si occupa dei fenomeni psichici considerati normali mentre quelli anormali, come abbiamo detto, sono di pertinenza della psicopatologia anche se il confine tra normalità e patologia non è così marcato e molti problemi risultano comuni alle due discipline.

La psicologia è oggi suddivisa in vari settori a seconda dell’area di studio: la psicologia animale (che studia il comportamento animale), la psicologia applicata (che interviene su problemi relativi a tutti gli aspetti del comportamento umano), la psicologia comparata (che si occupa della comparazione della psicologia dei diversi individui in base all’età, al sesso, alla professione…), ecc..

Ognuno di questi settori comprende diverse aree di studio, per esempio la psicologia applicata comprende: la psicologia clinica, la psicologia del lavoro, la psicologia dell’educazione e la psicologia forense. E ancora ogni area di studio svolge varie funzioni. La psicologia clinica per esempio è un metodo e una disciplina che ha un ruolo importante per la salute mentale, tra le sue funzioni c’è anche quella della cura che avviene attraverso la psicoterapia1.

Vediamo ora cos’è la psicoanalisi.

Il termine psicoanalisi viene usato comunemente per riferirsi a tutte le scuole di pensiero che si occupano di processi psichici inconsci. Più propriamente la psicoanalisi è la disciplina fondata da Freud nel 1900, oggi anche detta psicoanalisi classica.

La psicoanalisi di Freud è sia una teoria psicologica sullo sviluppo delle nevrosi che una tecnica esplorativa e psicoterapeutica per la cura delle nevrosi. Essa nasce all’interno di quella psichiatria ottocentesca (Freud era neuropsichiatra) che si preoccupava di trovare una corrispondenza tra malattia mentale e danno organico, anche se si distacca ben presto da questa per prendere una strada autonoma.

Andando contro le concezioni comuni Freud ipotizzò che la malattia mentale fosse riconducibile ad una sofferenza psichica. Nella sua teoria è centrale la considerazione che la coscienza è solo una parte dei processi psichici che invece avvengono prevalentemente nell’inconscio. La terapia dei disturbi psichici doveva pertanto prevedere di rendere accessibili alla coscienza questi contenuti inconsci.

Questo presupposto teorico rimarrà centrale per tutte le teorie che si svilupperanno dopo Freud ad opera dei suoi discepoli (neofreudismo) o di quelli che assumeranno posizioni divergenti dalla sua e che chiameranno con nomi diversi le proprie teorie: la psicologia analitica di C.Jung, la psicologia individuale di A.Adler, ecc…. L’insieme di queste diverse teorie viene anche denominato psicologia del profondo.

Si utilizza generalmente il termine analisi per riferirsi alle psicoterapie elaborate dalle scuole della psicologia del profondo. Quella che fa riferimento alla teoria di Freud viene denominata analisi classica.

Vediamo anche le differenze tra le relative figure professionali.

Lo psichiatra è un medico e si può occupare del disturbo psichico dal punto di vista organico quindi potrà prescrivere le medicine (gli psicofarmaci). Si può verificare il caso, peraltro abbastanza frequente, che lo psichiatra sia anche psicoterapeuta (perché ha conseguito una specializzazione in merito) e potrà allora utilizzare anche (o solo) la psicoterapia per curare i suoi pazienti.

Lo psicologo invece, in quanto specialista del normale sviluppo psichico può offrire consulenza su come favorire il proprio benessere psichico per esempio in ambito scolastico (psicologo scolastico) o lavorativo (psicologo del lavoro) o sportivo (psicologo dello sport), etc…. Nel caso che sia anche psicologo clinico o psicoterapeuta, caso anche questo abbastanza frequente, si occuperà anche del disagio psichico e della cura, sempre però con metodi psicologici (la psicoterapia appunto) e mai con le medicine.

Lo psicoanalista infine, è evidentemente la persona (medico o psicologo) che pratica l’analisi. Per chi sceglie questo indirizzo teorico, la qualifica di psicoanalista spetta quando ci si sottopone (e si supera con successo) ad un’analisi personale e didattica sotto la supervisione di uno psicoanalista anziano e si torna da lui periodicamente per visite di controllo.

A volte il termine psicoanalista viene utilizzato erroneamente per riferirsi a chi pratica altre forme di psicoterapia.

1 La psicoterapia è un trattamento terapeutico basato sull’utilizzo di metodi psicologici prevalentemente verbali (il colloquio), ma anche non verbali, per la cura o il miglioramento della sofferenza psichica. E’ un processo interpersonale in cui si stabilisce un rapporto di confidenza e fiducia tra psicoterapeuta e paziente, condizione principale per il buon esito di una terapia.

Lo scopo della psicoterapia viene concordato all’inizio e può andare dalla risoluzione di un sintomo o il raggiungimento di un obiettivo, ad un cambiamento più profondo nella struttura di personalità. Le strategie e le tecniche attraverso le quali si ottengono i miglioramenti o le guarigioni sono diverse a seconda del tipo di orientamento teorico a cui appartiene quel determinato psicoterapeuta. Esistono psicoterapie a orientamento psicoanalitico, comportamentale, cognitivo, relazionale, etc… La psicoterapia può essere individuale, di coppia, familiare o di gruppo.