da patrizia mattioli | Lug 1, 2014 | Storia della psicologia
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Abbiamo detto che considerare l’uomo come il prodotto delle sue esperienze pone al centro dell’interesse dei comportamentisti lo studio dell’apprendimento.
Saranno i successori di Watson a formulare importanti teorie dell’apprendimento. Alcuni di loro si allontaneranno da un’impostazione così meccanicistica del comportamento umano.
Tolman (1886-1959) per esempio, considererà il comportamento dell’individuo come condizionato anche dai suoi scopi e dalle sue esperienze precedenti e non soltanto come risposta allo stimolo ambientale.
Ogni comportamento è finalizzato a raggiungere un determinato obiettivo e si presenta solo se l’individuo sa che porterà a quel risultato.
Il ratto posto più volte in un labirinto, impara la strada giusta per trovare il cibo non tanto per effetto della ricompensa (come sosteneva la legge dell’effetto di Thorndike), quanto per la ripetizione sistematica del percorso che lo porta alla meta. Si crea nell’animale una mappa cognitiva dell’ambiente che gli permette di raggiungere il traguardo (il cibo), con rapidità sempre maggiore, facendo sempre il minor numero di errori.
L’impostazione di Tolman mette in crisi le premesse del comportamentismo watsoniano: stando così le cose non sarà sufficiente conoscere lo stimolo per prevedere la risposta comportamentale dell’individuo e non si potrà risalire allo stimolo basandosi solo sulla risposta comportamentale, dal momento che ad uno stimolo dell’ambiente possono corrispondere non una ma diverse risposte comportamentali. Il rapporto organismo ambiente è dunque molto più articolato.
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Skinner (1904-1990) invece, ritorna alle posizioni più radicali del comportamentismo watsoniano interessandosi soltanto al comportamento osservabile e a quanto questo possa essere plasmato attraverso la ricompensa o rinforzo, tralasciando completamente i processi che si verificano nella mente.
Lavorando con animali messi in gabbia Skinner osserva che se un comportamento scelto (per esempio l’abbassamento di una leva) viene seguito da una ricompensa (ad esempio del cibo se l’animale è affamato), questo tenderà a verificarsi con sempre maggiore frequenza.
Questa sequenza, denominata di condizionamento operante aiuta a spiegare l’apprendimento di comportamenti più complessi altrimenti non spiegabili attraverso la teoria del condizionamento classico di PavlovSi può rinforzare (ricompensare), qualsiasi tipo di comportamento anche negli uomini.
Lavorando molto sui principali comportamenti umani e sui rinforzi che ne provocano la ripetizione, Skinner ha messo in luce il ruolo svolto da istituzioni come la famiglia, lo stato, la chiesa nel determinare il comportamento degli uomini.
Il comportamentismo predomina nella psicologia sperimentale in maniera incondizionata dagli anni trenta agli anni cinquanta. Tale predominio viene facilitato dal progressivo entrare in crisi delle Scuole che potevano contrastarlo, o per la morte dei propri capi o per l’emigrazione di molti di loro.
Con l’avvento del nazismo molti scienziati ebrei sono costretti a fuggire dalla Germania e dall’Austria verso Paesi più democratici. Wertheimer si trasferisce negli Stati Uniti, Freud va a Londra.
Il predominio del comportamentismo si attenuerà soltanto quando si verificherà quella che sarà chiamata rivoluzione cognitivista.
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da patrizia mattioli | Apr 7, 2014 | Storia della psicologia
Edwuard Lee Thorndike
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La posizione di Watson è stata molto influenzata dalla legge dell’effetto (rinforzo) di Thorndike e dal meccanismo del riflesso condizionato (condizionamento) scoperto da Ivan Pavlov.
Thorndike faceva esperimenti con gli animali, in particolare con i topi. Questi venivano messi in una gabbia in cui se volevano cibo o volevano uscire, dovevano imparare ad abbassare una maniglia.
Gli animali apprendevano gradualmente ad abbassare la maniglia, attraverso una serie di tentativi ed errori. Si poteva pensare che l’animale comprendesse la relazione che esisteva tra l’atto del premere la leva e la possibilità di uscire o di ricevere cibo, ma ciò che effettivamente fu osservato è che l’atto si verificava tanto più spesso, quanto più ad esso era associata una ricompensa.
La legge dell’effetto quindi, dice che: un’azione accompagnata o seguita da uno stato di soddisfazione, tenderà a ripresentarsi più spesso, un’azione accompagnata o seguita da uno stato di insoddisfazione, tenderà a ripresentarsi meno spesso.
Pavlov abbiamo visto che aveva scoperto il riflesso condizionato. secondo la sua scoperta, se ad uno stimolo incondizionato (la reazione salivare del cane al contatto con il cibo), viene associato uno stimolo neutro (un suono, una luce), quest’ultimo provocherà anch’esso una reazione condizionata, pur non avendo alcuna relazione con essa (la reazione salivare in presenza del suono o della luce anche in assenza del cibo).
Allargando all’uomo i risultati ottenuti sugli animali si può affermare che anche per l’uomo un comportamento rinforzato da una ricompensa tende a riproporsi e uno rinforzato da una punizione tende ad estinguersi e allo stesso modo se ad una situazione viene associato uno stimolo che non ha a che fare con la situazione stessa ma che è in grado di procurarci un certo tipo di emozione, subiamo un condizionamento per cui tenderemo a provare quella stessa emozione in presenza di quello stimolo a prescindere dalla situazione in cui ci troviamo.
Ivan Pavlov
Se per esempio ad un bambino mostriamo un coniglietto di pelouche più volte e lo associamo sempre ad un rumore forte che spaventa il bambino, il bambino sarà condizionato a questa associazione e tenderà a spaventarsi in presenza del coniglietto anche in assenza del rumore.
La conseguenza di questo è che i disturbi emozionali degli adulti possono essere considerati come il risultato di una lunga serie di condizionamenti avvenuti durante l’infanzia e la giovinezza.
Sintetizzando la posizione comportamentista possiamo dire che oggetto di studio della psicologia sono soltanto i comportamenti che possono essere descritti in termini oggettivi di stimolo (dell’ambiente) – risposta (dell’individuo). Attraverso lo studio oggettivo del comportamento la psicologia può raggiungere l’obiettivo di prevedere la risposta una volta conosciuto lo stimolo e di prevedere lo stimolo necessario a determinare una certa risposta.
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da patrizia mattioli | Mar 3, 2014 | Storia della psicologia
Le tesi di Freud che in Europa otterranno credito solo dal 1919, ricevono una buona accoglienza negli Stati Uniti dove cominciano a diffondersi dal 1909.
Sempre negli Stati Uniti nello stesso periodo, vengono tradotti e resi noti gli esperimenti di Pavlov sugli animali. Essi forniranno le basi per la teoria di una nuova scuola che si andava formando in America, la psicologia comportamentista, che rappresenterà il capovolgimento più estremo dell’ assunto di base della psicologia come disciplina che studia l’anima (psiche in greco vuol dire anima, psicologia quindi significa studio dell’anima). Secondo il comportamentismo più radicale, è di pertinenza della psicologia lo studio del solo comportamento osservabile. Viene circoscritto il campo della ricerca all’osservazione del comportamento animale e umano, negando importanza ai fenomeni della coscienza e al metodo dell’introspezione fino a quel momento utilizzato per studiarla poiché entrambi per loro natura non passibili di verifica oggettiva.
Questa posizione così estrema è giustificata soprattutto da due obiettivi: da una parte l’intenzione di dare alla psicolgia uno statuto simile a quello delle scienze esatte liberandola dall’impostazione filosofica, dall’altra l’esigenza, dato l’inserimento sistematico delle macchine nel ciclo produttivo, di sapere, attraverso l’osservazione/misurazione del comportamento, ciò di cui un individuo è capace e quali sono le sue potenzialità sul piano del rendimento produttivo.
Il comportamentismo nasce ufficialmente nel 1913, anno in cui il suo caposcuola J.B.Watson pubblica l’articolo “La psicologia dal punto di vista comportamentista”, anche se già nei primi anni del Novecento altri studiosi americani avevano criticato il concetto di coscienza utilizzato dalla psicologia introspezionistica praticata dagli strutturalisti e avevano cominciato a considerarla come una reazione individuale a stimoli particolari dell’ambiente. Watson è stato l’organizzatore e il propugnatore di idee e temi che già stavano maturando.
John B. Watson
Il metodo introspettivo secondo Watson non era attendibile soprattutto perché le informazioni che ne risultavano non erano passibili di verifica scientifica da parte di osservatori esterni dal momento che i dati introspettivi erano del tutto privati, personali, soggettivi. Bisognava usare metodi più oggettivi che permettessero a più osservatori di arrivare a conclusioni simili. Il comportamento sembrava più adatto della coscienza ad essere osservato con metodi scientifici.
Watson, ispirato da principi di uguaglianza e dalla fiducia nelle possibilità della personalità umana di modificarsi in positivo, riteneva che il bambino nascesse senza istinti, intelligenza o altre doti innate e che è soltanto l’esperienza successiva a caratterizzare la sua formazione psicologica.
Questo presupponeva che si potesse influenzare lo sviluppo di una persona controllando le esperienze a cui viene esposta. Watson era così convinto delle sue idee, da dichiarare che se avesse potuto crescere una dozzina di bambini sani, ne avrebbe potuto fare dei buoni dottori, o magistrati o artisti o mercanti, indipendentemente dalle loro ipotizzate inclinazioni naturali.
Secondo questa posizione, l’uomo è totalmente prodotto delle sue esperienze per cui diventa importante lo studio dell’apprendimento, cioè del modo in cui l’uomo acquisisce, attraverso l’esperienza, il suo repertorio di comportamenti: dal comportamento motorio a quello verbale, a quello sociale e così via.
Come impariamo a comportarci in un certo modo? Abbiamo detto che secondo il comportamentismo di Watson questo dipende dagli stimoli a cui siamo sottoposti, perciò le cause del nostro comportamento sono da ricercarsi nell’ambiente e non all’interno dell’organismo.
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da patrizia mattioli | Gen 13, 2014 | Psicoanalisi, Storia della psicologia
Oltre all’interpretazione dei sogni, per conoscere l’inconscio Freud ritiene importante tenere presenti alcuni aspetti del comportamento non verbale. Si riferisce agli atti mancati ossia ai lapsus verbali, di lettura e di scrittura, alle dimenticanze di nomi, parole e fatti, alle comuni sbadataggini, alle dimenticanze di progetti e propositi, alla rottura incidentale di oggetti, ai piccoli infortuni e alle forme non gravi di autolesione. (altro…)
da patrizia mattioli | Dic 16, 2013 | Psicoanalisi, Storia della psicologia
Magritte
La chiave dei sogni
Per Freud, se il bambino riesce a passare indenne attraverso i conflitti di queste fasi dette pre-genitali, entra poi in un periodo di latenza che dura all’incirca dai cinque ai dodici anni. All’inizio dell’adolescenza subentra l’ultimo stadio, detto genitale. Durante questa fase si manifestano il comportamento eterosessuale e le attività attraverso le quali l’individuo si prepara al matrimonio e alla formazione di una famiglia.
Lo spostamento dell’attenzione dalla vita psichica conscia all’inconscio, pone un problema fondamentale che è quello di riuscire a conoscere l’inconscio dal momento che per definizione questo non è noto all’individuo. Da qui l’importanza data alle libere associazioni, come abbiamo già visto e l’introduzione dell’interpretazione dei sogni.
Un aspetto che ricorreva spesso nei racconti dei pazienti era il riferimento ai sogni. I sogni sembrarono subito a Freud una fonte significativa di materiale psichico, di indizi per individuare le cause più profonde del disagio. Per questo, dato che era anche lui un buon sognatore, per un certo periodo aveva annotato tutti i suoi sogni. Era convinto (convinzione positivistica) che ogni cosa avesse un significato perciò anche i sogni dovevano averne anche se il sognatore stesso poteva non esserne cosapevole.La conoscenza dell’inconscio si poteva ottenere dunque anche attraverso l’interpretazione dei sogni.
I sogni secondo Freud, sono la forma che l’attività psichica assume durante lo stato di sonno. Ciò che si ricorda del sogno viene chiamato contenuto onirico manifesto, ciò che lo produce è il contenuto latente che è costituito da desideri, tendenze, pensieri inconsci. La relazione che c’è tra il contenuto latente e il contenuto manifesto, secondo Freud, è la stessa che intercorre tra il sintomo nevrotico e i ricordi traumatici. Come il trauma viene trattenuto nell’inconscio dalla rimozione e può manifestarsi solo attraverso il sintomo, così il contenuto latente del sogno viene trattenuto nell’inconscio dalla censura e può manifestarsi solo nella forma modificata del contenuto manifesto.
Magritte
Per comprendere il significato nascosto del sogno, l’analista deve interpretare il linguaggio simbolico espresso nel contenuto manifesto. Cioè deve compiere all’inverso il cammino percorso dal lavoro onirico.
Il contenuto latente si trasforma in contenuto manifesto per l’intervento della censura onirica : questa funzione psichica ha il compito di impedire ai desideri inconsci di accedere direttamente alla coscienza (è l’aspetto notturno della rimozione).
Nel sogno si attivano molte funzioni psichiche, raggruppabili in due parti:
– l‘elaborazione primaria che comprende la drammatizzazione, lo spostamento, la condensazione, la dispersione, la simbolizzazione;
– l’elaborazione secondaria.
Nel sogno i pensieri si trasformano in immagini, soprattutto visive (drammatizzazione), più pensieri latenti possono essere rappresentati da un unico elemento del contenuto manifesto che combina insieme più elementi aventi qualche aspetto in comune (condensazione), e/o un elemento del contenuto latente può corrispondere a più elementi del contenuto manifesto, che ne rappresentano le diverse caratteristiche (dispersione).
L’importanza emotiva del sogno può essere trasferita ad elementi neutri in modo da eludere la censura (spostamento); un elemento rimosso del contenuto onirico latente può essere rappresentato da qualche altro elemento del contenuto manifesto (simbolizzazione).
Nell’elaborazione secondaria avviene un rimaneggiamento del sogno per cui si tende ad eliminare le apparenti assurdità, per presentarlo in una forma il più possibile coerente.
Il materiale con il quale si costruisce il sogno è determinato dai cosiddetti residui diurni (residui dell’attività dello stato di veglia), e dai desideri del soggetto. Tra gli avvenimenti della giornata il sogno privilegia quello che ha una relazione con un ricordo dell’infanzia relativo a qualche desiderio inappagato. In fondo il sogno è la realizzazione di desideri infantili inappagati, anche se in forma allucinatoria.
Per Freud il sogno ha anche la funzione di custode del sonno.
Fornendo ai desideri inconsci una piccola e innocua espressione sotto forma di appagamento allucinatorio, abbastanza mascherato da non turbare la censura, il sogno permette di continuare il sonno.
Frida Kahlo
Il sogno
I sogni di angoscia e i sogni che determinano il risveglio, come gli incubi, indicano che è venuta meno la loro funzione specifica e che la censura ha fallito nel suo scopo. Normalmente però il sogno non porta al risveglio e permette di liquidare, almeno in parte le tendenze rimosse, agendo come una valvola di sicurezza.
Anche l’interpretazione dei sogni non era un totale innovazione: molta della letteratura del diciannovesimo secolo, ruotava intorno ai sogni e Freud la conosceva. Freud ha introdotto la distinzione tra contenuto latente e contenuto manifesto e ha dato forma alla relazione che li unisce, utilizzando poi l’interpretazione dei sogni come strada di accesso all’inconscio.
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da patrizia mattioli | Nov 26, 2013 | Psicoanalisi, Storia della psicologia
S. Freud
A Freud vengono riconosciuti due contributi fondamentali dati alla Psicologia con la psicoanalisi: il primo è l’aver spostato il centro della vita psichica dalla sfera del conscio a quella dell’inconscio, la seconda l’aver spostato l’interesse dalla vita psichica adulta all’infanzia.
Fu uno dei primi ad attribuire grande importanza alle prime fasi di sviluppo della personalità. Era convinto che i caratteri fondamentali della personalità emergessero molto presto e che maturassero in modo definitivo prima dei cinque anni.
Secondo Freud il bambino passa attraverso una serie di stadi di sviluppo psicosessuale che vanno dalla nascita fino ai cinque anni. Durante questi stadi egli agisce in modo autoerotico, cioè la sessualità non è rivolta verso un oggetto esterno ma concentrata sul proprio corpo. Il bambino prova un piacere sensuale o erotico stimolando o essendo stimolato nelle varie zone erogene del corpo. Ogni stadio compreso in questo periodo tende ad essere localizzato in specifiche zone erogene del bambino.
Il primo stadio, detto orale, va dalla nascita al secondo anno di vita; la fonte primaria di soddisfazione erotica è rappresentata, in questa fase, dalla stimolazione della bocca e si esprime nel succhiare, nel mangiare, nel mordere e nell’inghiottire il cibo o sputarlo se sgradevole. Un’inadeguata soddisfazione (per eccesso o per difetto) durante questo stadio, può produrre una personalità di tipo orale, caratterizzata da smodate abitudini in attività come il fumare, il mangiare, il bere.
Nella seconda fase, detta anale che va dal secondo al terzo anno di vita, la gratificazione sessuale si sposta dalla bocca all’ano e il bambino ricava piacere, appunto dalla stimolazione della zona anale. Durante questo stadio (che coincide con il periodo dell’educazione degli sfintèri), il bambino può sia espellere che trattenere, creando in entrambi i casi seri problemi ai genitori. Se in questo periodo si instaura un forte conflitto con loro, esso può predisporre il bambino a manifestare, da adulto, un comportamento anale che è tipico delle persone ordinate, parsimoniose e ostinate.
La terza fase, detta fase fallica, subentra all’incirca alla fine del terzo inizio del quarto anno di vita. La gratificazione erotica si sposta ora sulla regione genitale. Freud colloca in questo stadio il complesso di Edipo : durante questo stadio il bambino sviluppa un forte attaccamento sessuale verso il genitore di sesso opposto e un atteggiamento di ostilità verso il genitore dello stesso sesso, da lui percepito come rivale. Per paura delle ripercussioni paterne (angoscia di castrazione), rinuncia al possesso della madre e si identifica con il padre. Questa identificazione costituisce il nucleo del Super-io.
– La storia e l’evoluzione del complesso edipico sono diversi nei maschi e nelle femmine. Il bambino, per paura di essere evirato dal padre, rinuncia al possesso della madre e si identifica con lui, quindi esce dal complesso di Edipo mentre la bambina al contrario entra nel complesso di Edipo nel momento in cui si rende conto di essere anatomicamente deprivata. Fino a quel momento anche lei come il maschio, aveva avuto come oggetto d’amore la madre. Nel momento in cui scopre la propria inferiorità organica, la bambina si allontana dalla madre con ostilità considerandola responsabile della propria castrazione, sviluppa una forte invidia del pene e si rivolge al padre come nuovo oggetto d’amore. Non essendoci per la bambina una reale minaccia di castrazione dal momento che non può perdere ciò che non ha, la bambina non ucirà mai completamente dal complesso di Edipo per cui non svilupperà mai un Super-io adeguato, rimarrà dipendente dall’autorità, con deboli interessi sociali e scarsa maturità.
La teoria dello sviluppo femminile è una delle parti dell’opera di Freud che ha ricevuto il maggior numero di critiche sia dagli psicoanalisti, che dall’esterno della cerchia degli specialisti. Freud è stato accusato di maschilismo e misoginia soprattutto dalle femministe americane negli anni Sessanta -.
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