Creatività e psicopatologia
L’arte si colloca per Freud in una regione intermedia tra realtà frustrante e fantasia appagante.
Per Melanie. Klein, allieva di Freud, la produzione artistica è un tentativo di riparazione legato alla fantasia inconscia di aver distrutto l’oggetto buono., per Chasseguet-Smirgel, rappresentante della scuola freudiana francese, l’opera creativa ha la funzione di riparazione del soggetto stesso che crea, per Jung l’opera d’arte non è il risultato di un conflitto o di una malattia ma di una vita psichica indipendente dalla coscienza che, attraverso l’analisi, può rivelare i suoi aspetti simbolici di immagini primordiali.
Un altro filone di studi è quello della psicologia fenomenologico-esistenziale, rappresentata da K.Jaspers.
Anche Jaspers mette l’opera artistica in stretta relazione con i momenti significativi della vita dell’autore, più propriamente della sua vita patologica. L’opera d’arte rappresenta così la prova delle infinite potenzialità umane che di fronte all’alienazione non cede alla sua costrizione ma spazia nei luoghi della creatività. Come la perla è il risultato della malattia della conchiglia, dice Jaspers così l’opera d’arte può dovere a una schizofrenia il motivo della sua nascita, anche se in nessuno dei due casi chi si gode il risultato si preoccupa delle condizioni che lo hanno generato.
A partire dagli anni ‘50 R.Arnheim utilizza i principi della psicologia della Gestalt nello studio della percezione visiva. Per Arnheim l’arte rappresenta l’espressione di un atteggiamento verso la vita, si riproduce e viene fruita perché stimola specifici stati d’animo ed emozioni. Egli ritiene che il punto di vista psicoanalitico sia riduttivo perché riduce la forma artistica a semplice involucro dei contenuti inconsci, privilegiando la parte inesprimibile dell’essere umano, Una produzione artistica presenta piuttosto diverse angolature e soprattutto deve essere collocata all’interno del suo momento storico, della cultura che l’ha generata. La lettura psicologica è solo una delle letture possibili.
E’ comunque compito di un’analisi estetica cogliere gli scopi, le speramze, gli obiettivi dell’artista che offre un’opera al pubblico, Ogni artista racconta una storia che presuppone la genialità che lo contraddistingue dagli altri. Attinge a contenuti personali autobiografici, dilatando le proprie esperienze, evidenziando la presenza di una conflittualità interiore, di sentimenti di onnipotenza, a volte di caratteristiche borderline di personalità. Lo psicologo estetico deve dare un significato a questi elementi, chiedersi che rapporto c’è tra produzione artistica e psicopatologia, che ruolo ha la sofferenza, fisica o psichica, nell’espressione artistica.
L’idea di un legame tra creatività e psicopatologia risale all’antica Grecia, ma è al secolo scorso che risalgono studi sistematici che rilevano una notevole incidenza di malattie mentali tra pittori poeti e musicisti, indubbiamente superiore rispetto alla popolazione generale. Certe opere lo dimostrano chiaramente: guardando i volti grotteschi di Munch, non si ha difficoltà a percepirli come la materializzazione di spaventosi mostri inconsci.
L’arte consente di rappresentare il dolore, in modo istintivo, immediato, senza parole. L’incapacità di vivere la propria sofferenza si esprime nella capacità di costruire un’opera d’arte.
L’incapacità di percepire una continuità nel proprio senso di identità personale si esprime nel momento dell’atto creativo che ne rappresenta un tentativo di soluzione e l’opera d’arte un ponte tra elementi frammentari del sé
Ogni produzione artistica rappresenta allora la possibilità di una narrazione in cui l’artista esprime, rappresenta e risolve la sua sofferenza di vivere
Il linguaggio artistico preferisce alcuni contenuti piuttosto che altri, crea allegorie, utilizza simboli per il suo messaggio. È in grado di stimolare riflessioni, suggestioni, emozioni. Il desiderio di esprimere, descrivere e comunicare a volte è subordinato al desiderio di generare un’esperienza estetica nell’osservatore.. Più è complessa l’opera, più è difficile decifrare il messaggio, maggiore sarà la sua portata estetica.
Meccanismo centrale dell’interesse e della soddisfazione estetica sembra essere rappresentato dall’ambiguità dell’opera d’arte, ambiguità che evidentemente consente all’osservatore di attribuire all’opera stessa elementi che più probabilmente appartengono della propria interiorità. Comprendere un’opera d’arte significa allora coglierla in un significato soggettivo e unico. Sappiamo bene come il concetto stesso di bellezza mostri in tante occasioni la sua relatività e la sua dipendenza da regole psicologiche assolutamente personali.
L’esperienza estetica è un’esperienza difficile da descrivere, di solito si è interessati a viverla più che a comprenderla anche se si è d’accordo nel riconoscere che è un’esperienza caratterizzata da un sentimento specifico di piacere, isolato o commisto ad altre emozioni: l’immagine estetica attrae, polarizza l’attenzione in una sorta di rapimento che sospende il flusso temporale di chi vive l’esperienza estetica..
Come le emozioni, l’esperienza estetica ha una sua ciclicità: ha un’attivazione, raggiunge l’acme, arriva alla saturazione e si estingue.
Abbiamo parlato della relazione fra oggetto estetico e contenuti interiori dell’autore. Lo stesso si può dire per l’osservatore che entra in una forma di identificazione con l’opera d’arte e il mondo interno di chi l’ha prodotta. Le variabili personali anche qui sono importanti: a seconda delle proprie caratteristiche interiori, si è attivati da certe forme artistiche piuttosto che altre. Aspetti culturali e sociali concorrono a costruire i gusti artistici di un individuo. Anche l’età ha il suo peso: una giovane età sembra più attratta dall’aspetto esteriore di un’opera, mentre la maturità sembra più propensa a penetrare le ragioni e a cogliere le ripercussioni affettivo/emotive di un evento.
Artista e fruitore sono legati da una reciprocità: l’autore attraverso la sua opera crea le condizioni per l’attivazione di una serie di processi cognitivi, emotivi e motori in un fruitore che non subisce passivamente, ma seleziona attivamente gli stimoli, coerentemente con le proprie caratteristiche personalii. [L’idea della mente come elaboratore attivo, che filtra le informazioni esterne, nasce dalla psicologia cognitivista che, negli anni ‘50, focalizza l’attenzione sui processi della mente e i suoi meccanismi: percezione, attenzione, emozioni, linguaggio, l’apprendimento, memoria].
Autore, opera, fruitore, sono tre facce di una stessa realtà, costruiscono insieme il processo artistico che a sua volta consolida il forte legame che c’è tra loro.