Le bugie come affermazione di sè
“Mamma ho il cellulare scarico, non mi chiamare all’uscita, ti chiamo io quando arrivo a casa” scrive Enzo (16 anni) per sms a sua madre che è al lavoro. Dovrebbe andare subito a casa perché domani ha il compito di matematica e deve esercitarsi, ma l’invito degli amici è irresistibile: “Ci vediamo dopo scuola? Mangiamo un pezzo di pizza insieme e poi ci salutiamo”, non ha dubbi ma sua madre non capirebbe o almeno così crede. Con quella bugia forse è coperto per il tempo necessario a rientrare a casa e mettersi a studiare.
Una bugia innocua che serve a sfuggire forse a un controllo troppo serrato e a ricavarsi qualche spazio di libertà.
Un tema importante in adolescenza quello della libertà e dell’autonomia, della ricerca di uno spazio emotivo interiore da cui i genitori sono esclusi.
La bugia aiuta a crearsi uno spazio privato entro il quale muoversi senza sentirsi troppo esposti all’occhio dei genitori, è indice di un sé più autonomo, anche se non ancora abbastanza da reggere rimproveri o disapprovazione. Serve a evitare il confronto soprattutto quando assume la forma di conflitto e il ragazzo ha paura di affermare e argomentare le proprie richieste, ha paura delle reazioni dei genitori sia emotive, se giudicano, soffrono, si arrabbiano o si deludono, che concrete, se vietano e puniscono. Servono (le bugie) a evitare il confronto quando si ha paura di non essere capiti.
Qualche bugia è “fisiologica”, in ogni caso una bugia dei nostri figli deve farci riflettere sul significato che ha in quel momento nella relazione con loro, sul ruolo che abbiamo noi con il nostro atteggiamento, se siamo comprensivi o vediamo il mondo secondo un unico punto di vista che è il nostro, se non consideriamo alternative. Avere un figlio adolescente significa ritrovarsi in casa un’altra persona, un’altra voce che esprime idee, chiede attenzione, afferma diritti.
L’eccesso di sincerità è un segnale di immaturità quanto lo è la bugia seriale. Un adolescente che sente il bisogno di condividere sempre con i genitori le sue esperienze, che non è in grado di raccontare bugie e di nascondersi ogni tanto dalla loro ‘attenzione, è un adolescente che non è ancora in grado di sopportare il peso della responsabilità e dei sensi di colpa che inevitabilmente un percorso di autonomia comporta e sta prendendo tempo.
Raccontare bugie è un’arte e magari possiamo considerare l’abilità di mentire come direttamente proporzionale al livello di autonomia/definizione/demarcazione raggiunta rispetto alle figure genitoriali: più un ragazzo è definito, più la bugia è sofisticata e ineccepibile.
La bugia può essere incerta all’inizio del percorso adolescenziale, con argomentazioni più grossolane e smascherabili, per diventare più elaborate e poi perdere di consistenza, quando il ragazzo non accetta più di mentire e più o meno direttamente cerca il confronto o anche lo scontro.
leggi tutto il post su Il Fatto Quotidiano