Che cos’è l’identità personale?
L’identità personale è tutto ciò che noi siamo, le nostre caratteristiche fisiche, psicologiche, culturali a partire dal nome e dalla data di nascita. E’ l’espressione del rapporto tra una serie di aspetti personali: il modo di ragionare, di affrontare i problemi, di comunicare con gli altri, gli interessi, le abilità, l’atteggiamento verso il mondo esterno, i rapporti affettivi con le persone o con i luoghi, il modo di porsi nei confronti degli altri, i progetti per il futuro. Tutto questo ci rende unici e inconfondibili agli occhi degli altri e ci dà un senso di definizione, appartenenza e continuità nel tempo che ci permette di dire ogni giorno: “questo sono io”, riconosco me stesso come lo stesso di sempre anche di fronte a cambiamenti importanti.
L’identità personale si costruisce. Il processo di costruzione comincia alla nascita, si svolge prevalentemente nel rapporto con gli altri e non si ferma al raggiungimento dell’età adulta, ma prosegue per tutta la vita. Per tutta la vita aggiungiamo, togliamo o modifichiamo qualità, tratti, interessi, capacità nella nostra identità. Molte delle cose che facciamo quotidianamente vanno a rafforzare o indebolire il nostro senso di identità.
Alcuni aspetti dell’identità personale sono abbastanza evidenti, come per esempio il sesso, la nazionalità, il ceto sociale (e su questi di solito non esistono grosse incertezze), altri che lo sono meno, come le caratteristiche psicologiche che sono di solito anche quelle che ci preoccupano di più perché non abbiamo mai un’idea precisa di come siamo. Ci chiediamo continuamente se siamo intelligenti o stupidi, coraggiosi o vigliacchi.
Un senso di identità personale abbastanza definito (in cui cioè l’individuo è abbastanza consapevole delle proprie caratteristiche) e stabile, permette di percepirsi e valutarsi in modo costante nel tempo. Questo aspetto è di fondamentale importanza dal momento che ogni essere umano si trova ad affrontare nel corso della vita situazioni esterne imprevedibili e in continua trasformazione.
Il mantenimento dell’identità personale è dunque importante e vitale: un individuo che sente instabile il suo senso di identità personale, non è più in grado di funzionare adeguatamente e perde il senso del rapporto con la realtà. Un senso di identità stabile è la condizione essenziale per sentirsi vivi.
Bruschi cambiamenti nella vita come un matrimonio, la nascita di un figlio, un lutto o anche una vincita miliardaria ad una lotteria possono modificare profondamente l’immagine che una persona ha di se stessa e causare un senso di disagio e disorientamento fino a che non si ambienta nella nuova situazione di vita e nella nuova identità.
La solidità dell’immagine (positiva o negativa) che abbiamo di noi stessi è un bisogno umano allo stesso modo in cui lo sono il bisogno di sopravvivenza e di riproduzione. Dobbiamo continuamente avere la sensazione di essere qualcuno.
Un senso di identità fragile può avere origine dalle ripetute esperienze di disagio che hanno caratterizzato la storia dell’individuo, oppure da esperienze recenti e dolorose, per esempio un senso di identità negativa successiva alla chiusura di un rapporto affettivo, o alla perdita improvvisa del posto di lavoro.
Il senso di identità è molto legato ai luoghi che fanno parte della nostra quotidianità, luoghi in cui noi abbiamo la sensazione di avere un ruolo: la nostra casa con i nostri familiari, la nostra scuola con i nostri compagni e i nostri insegnanti, il nostro lavoro con i nostri colleghi e i nostri superiori, i nostri hobbies, il nostro quartiere, la nostra città. Se improvvisamente ci trovassimo contro la nostra volontà in un ambiente diverso, con persone sconosciute, senza i nostri effetti personali, senza poter mantenere il nostro ruolo e le nostre abitudini, proveremmo una forte oscillazione nel nostro senso di identità, con un forte senso di vuoto e un’incertezza fondamentale su chi siamo. E’ quello che succede per esempio agli immigrati o a chi si è trovato in carcere per sbaglio e inaspettatamente.
La forza del senso di identità è anche in relazione alla quantità di esperienze che abbiamo maturato e alla consapevolezza che abbiamo di queste.
Un’identità negativa sembra migliore di una vaga identità.
mi interessa moltissimo questo argomento soprattutto in relazione allo sviluppo di mio figlio autistico di 15 anni, che la famiglia del padre vorrebbe chiuso in istituto da sempre….Io stessa, i suoi fratelli, mio marito è stato in qualche modo allontanato dalla famiglia per l'”onta” di questo “errore”, non considerato mai PERSONA con la sua dignità e identità. Noi genitori, per estensione siamo stati psicologicamente e materialmente rinnegati…
Gentile Elda, comprendo la sua amarezza, a volte la diversità fa paura e viene percepita come limite piuttosto che come risorsa.
sono d’accordo
Cosa risponderebbe a chi afferma che l’identità individuale è un’illusione priva di fondamento?
Risponderei che è un parere legittimo. Il punto di vista del post però sottolinea che non si può prescindere dalla percezione di avere un’identità personale, cioè di un senso di continuità del proprio modo di reagire agli eventi anche di fronte ad esperienze destabilizzanti. Il venir meno di questa percezione di continuità e unitarietà, è in genere all’origine di una grande sofferenza emotiva.
La costruzione dell identità personale è un argomento che mi interessa in quanto sono gemella monozigota e son la mia sorella ho sempre avuto un rapporto conflittuale. Saprebbe indicarmi dei libri o articoli che trattano questa particolare relazione? Grazie
Salve Carla, non ho molto materiale da indicarle, per altro in inglese
Watzlawik, M. (2008). Are twins really different? Siblings during puberty. Marburg, Germany: Tectum.
Watzlawik, M. (2009). The perception of similarities and differences among adolescent siblings. Identification and deidentification of twins and nontwins.
Può consultare la pagina dedicata di colleghi di Torino e magari chiedere a loro ulteriori testi.
http://www.centropsicologiatorino.com/2011/12/conflittualita-tra-gemelli.html
Dunque è possibile rimodellare la propria identità a qualsiasi età? Costruire un’identità positiva in cui più ci riconosciamo, nonostante un passato e delle esperienze distruttive?
Salve Luisa, l’identità personale si costruisce nel corso dello sviluppo prevalentemente nel rapporto con gli altri a partire dalle prime figure di riferimento. E’ un processo che inizia alla nascita e non si ferma al raggiungimento dell’età adulta, ma prosegue per tutta la vita. Per tutta la vita aggiungiamo, togliamo o modifichiamo qualità, tratti, interessi, capacità nella nostra identità. Dunque sì, è possibile aggiungere tratti positivi anche se si sono vissute esperienze negative.
Buongiorno dottoressa Mattioli,
è stato un piacere per me leggerla.
Mi pongo la stessa domanda ogni giorno: possibile che non riesco ad essere consapeole della mia identità? Vorrei sentirmi!
Ho sofferto parecchio nella mia vita e ho anche vissuto disturbi d’identità. Vorrei tanto trovare una completa serenità e riuscire a mettere insieme i pezzi per acquisire il mio senso dell’identità. Con serenità e senza sovrastrutture.
Le chiedo consigli su letture di libri di psicoterapeuti se possibile.
Grazie del suo riscontro e la saluti cordialmente.
Doriana
Grazie Doriana per il suo commento, potrebbe esserle utile leggere di come si inizia a costruire il senso di identità personale. La trilogia di John Bowlby Attaccamento e Perdita potrebbe sicuramente aiutarla. Se le sembra troppo materiale può iniziare con Una base sicura, sempre di John Bowlby, che è una sintesi sull’argomento.
Mi faccia sapere
ci sono servizi di allerta sulla appropiazione indebita della propria identità personale ?
se si realizzano online, può rivolgersi alla polizia postale
Buonasera, ho trovato molto interessante questo articolo. Mi saprebbe indicare dei libri per approfondire l’argomento? Grazie mille
Grazie Erica, sicuramente tutti i libri di Vittorio Guidano e la trilogia di John Bowlby sull’attaccamento possono aiutarla ad approfondire.
Salve, trovo questo argomento fondamentale. E’ solo una mia convinzione che, in genere, ci sia una perdita della identità? Le sembra plausibile che seguire pedissequamente alcune mode siano una forma di debolezza? Mi spiego meglio: avendo perso in un certo senso la mia identità (chi sono in rapporto alla mia famiglia, gruppo sociale, vissuto, etc.) cerco di essere come gli altri, magari con una piccola differenza. Fatto specifico, la moda del tatuaggio. Possiamo affermare che chi ha una forte o buon livello identitario sente meno la “peer pressure” o l’esigenza di seguire gli altri? Grazie.
Gentile Michele, grazie per aver letto il mio articolo e per il commento.
Il tatuaggio ha molti significati tra cui l’affermazione dell’identità, per esempio un tatuaggio che definisce l’appartenenza a un gruppo.
In adolescenza la frequentazione assidua del gruppo e della moda o delle mode che lo contraddistinguono, permette di compensare l’insicurezza per i bruschi cambiamenti su più livelli che avvengono in questo periodo e per l’allontanamento fisico e psicologico che si mette in atto rispetto alla famiglia.
In certi periodi della vita, l’allentamento dell’identità con i relativi tentativi di compensazione (pensiamo alle relazioni sentimentali che si interrompono, alla perdita del lavoro o a una vincita miliardaria), sono fisiologici . L’identità non è mai data una volta per tutte, ma può avere oscillazioni che, se contenute, consentono al sistema di aumentare di complessità.
Una identità più solida è certamente meno soggetta alle mode all’appartenenza a un gruppo, ma potrebbe dimostrarsi meno flessibile e dunque meno capace di affrontare in modo costruttivo i cambiamenti che la vita impone. Cambiamenti sicuramente molto presenti nella nostra vita da alcuni decenni
Paradossalmente quindi un’identità meno definita potrebbe risultare molto più adattabile