Per gli adolescenti di oggi la scuola non è un luogo sicuro in cui mettersi alla prova, crescere, imparare. Il 30% dei ragazzi vive infatti l’istituzione scolastica come luogo di insicurezza e disagio, spesso scenario di atti di violenza e bullismo.
E’ quello che emerge da una ricerca internazionale appena pubblicata su Frontiers in Psychiatry. Il gruppo di esperti guidato dall’Università di Turku in Finlandia ritiene che il problema assuma dimensioni globali e che uno dei motivi principali sia la fine del dialogo tra insegnanti e ragazzi.
Gli autori confermano con questa ricerca un concetto che chi lavora nella scuola – insegnanti, personale Ata, soprattutto psicologi scolastici – sa da sempre: quanto sia importante la scuola nello stimolare sentimenti di sicurezza e protezione negli studenti e quanto questi siano soprattutto veicolati dalle relazioni che vi si stabiliscono, in particolare dalla relazione tra studente e insegnante.
La scuola ha il suo peso, in positivo e in negativo: e può indistintamente essere fonte di disagio o diventare una base sicura – e luogo in cui “rifugiarsi” se le relazioni in famiglia sono, più o meno temporaneamente, instabili – a seconda che si riesca o meno a costruire rapporti significativi positivi al suo interno.
Lo studente oggi fa più fatica a trovare a scuola un adulto di riferimento in grado di vederlo per quello che è, di riconoscerlo come essere umano nella sua unicità e confermarlo, perché l’insegnante è appesantito da troppe ingerenze e a volte anche da troppi studenti da seguire, complice anche la pandemia e la diversa modalità di fare scuola. Se la scuola dunque è un ambiente fondamentale per la tranquillità e il benessere personale dei suoi protagonisti, deve essere adeguato l’investimento che si fa su di essa, deve essere riconosciuto come un luogo in cui l’obiettivo non è soltanto didattico ma anche, anzi soprattutto, relazionale, formativo, educativo in generale.
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