In un precedente post ho parlato di un caso di stalking che inizia quando ad una richiesta di vicinanza non corrisponde una risposta chiara
In relazioni già definite di amicizia o sentimentali, spesso lo stalking inizia nel momento in cui la vittima designata decide di allontanarsi o chiudere la relazione. Magari è una decisione a cui non si arriva in modo condiviso e il futuro stalker non riesce a colmare questo divario. Il tutto avviene a volte all’interno di un rapporto che inizialmente sembrava diverso: la vicinanza di quello che poi diventerà uno/a stalker, risultava inizialmente protettiva
La letteratura sull’argomento descrive alcuni profili del molestatore e della vittima. Sembra che alcuni molestatori siano persone fragili, che hanno sempre bisogno di una persona al fianco per sostenersi e colgono i segnali di allontanamento o di rifiuto del/della partner come un pericolo di annientamento di sé e di catastrofe emotiva.
I comportamenti persecutori e intimidatrori che vengono messi in atto sono volti proprio ad evitare questo rischio. Sembra che nel 70% dei casi sia stato subiìto un lutto, un abbandono o una separazione significativa non elaborata.
Altri stalker sembrano più mossi dal desiderio di vendetta per quello che considerano un torto subito, paradossalmente si percepiscono come la sola e vera vittima per essere stati rifiutati, derisi, maltrattati o umiliati.
Ciò che accomuna gli stalker è l’intolleranza al rifiuto e l’incompetenza relazionale.
Chi subisce molestie spesso è una persona sensibile, poco capace di difendersi, di reagire adeguatamente alle provocazioni, di usare forme affermative di aggressività. Spesso c’è un’incapacità a riconoscere i segnali di rabbia nella persona che li stà aggredendo non comprendendo così la situazione di pericolo e non mettendo in atto comportamenti adeguati di difesa come l’evitamento o la fuga. A volte “la vittima” presenta caratteristiche fisiche e psicologiche che lo/la rendono più incline alla vittimizzazione. La vulnerabilità personale è spesso accompagnata da uno scarso sostegno da parte delle persone vicine, se ce ne sono, così che la vittima si trova spesso isolata di fronte ai maltrattamenti, di cui ha paura di riferire, spesso per paura delle rappresaglie, a volte anche per proteggere l’immagine di chi la maltratta.
Molte persone vittime di molestie si sentono in colpa per la condizione alla quale sono costrette: ritengono che le molestie siano causate da loro atteggiamenti o comportamenti che hanno scatenato la reazione dello stalker una donna può arrivare a pensare di essere ossessionata dal suo vicino di casa perché non è stata gentile con lui o al contrario perché gli ha mandato segnali ambigui.
Questa analisi ribadisce la necessità di affrontare il fenomeno dello stalking attraverso interventi che vanno in due direzioni: da una parte quello che prevede l’inserimento dello stalker in un programma di prevenzione e risocializzazione, fondamentale per la presa di consapevolezza e il recupero anche per lui del suo progetto di vita, dall’altra intervenire sulla parte debole del fenomeno, la vittima, sostenendola, permettendogli di rinforzarsi e di non sentirsi sola di fronte alle molestie, aiutandola a costruire gli strumenti per tenere testa l’altro, a costruire una modalità comunicativa univoca e assertiva che generalmente restringe fisiologicamente il raggio di azione e le potenzialità di chi molesta.