Suicida a 24 anni, ingannato da una relazione virtuale: il bisogno d’affetto rende ingenui
Una relazione virtuale fatta solo di messaggi scritti
Daniele si è suicidato un anno fa quando ha capito che la sua relazione virtuale con Irene era finita. Il 6 novembre è stato trovato morto anche l’uomo che si spacciava per lei. Che cosa spinge un ragazzo di 24 anni, di bell’aspetto, a cui sembra non mancare niente, a rimanere in una relazione virtuale per più di un anno e accettare di portare avanti il rapporto solo attraverso messaggi scritti? Che cosa porta un uomo di 64 anni a prendersi gioco di un ragazzo giovane fingendosi prima una ragazza, poi suo fratello, poi un’amica allo scopo di trattenerlo nella sua rete? Un bisogno affettivo.
Per Daniele forse il bisogno di sentirsi come gli altri, di innamorarsi e avere qualcuno per cui contare come anche il bisogno di conferme, di sentirsi adeguato, riconosciuto, amato. Per Roberto forse il bisogno di sentirsi importante, centrale, per qualcuno che lo adora ed è disposto a fare tanto per lui. Il bisogno di avere ilcontrollo che compensi una vita grigia in cui forse non ne ha per niente.
Ha ritardato e rimandato il suo esordio sentimentale a 22/23 anni. Non ha esperienza e si mette online, su social e applicazioni che aiutano le persone a incontrarsi. Una trappola mortale per Daniele. Sarà bastato poco a Irene per coinvolgere Daniele che probabilmente ha sperimentato online sentimenti che appartengono alle prime relazioni importanti: coinvolgimento totale, senso di conferma, di adeguatezza, di accettazione, di appartenenza. Deve aver fantasticato molto Daniele su Irene. Avrà immaginato scenari romantici da realizzare insieme. Deve essersi sentito in qualche modo “speciale”, ed è probabilmente questo che gli ha impedito di valutare più attentamente l’esperienza che stava vivendo.
Il bisogno affettivo misto all’inesperienza rende ingenui, incoscienti, forse superficiali. Le cose sono cambiate quando Daniele ha cominciato a sospettare che la Irene reale fosse ben diversa dalla Irene dei suoi sogni. Ha chiesto spiegazioni e messo l’altra alle strette e ha fatto precipitare le cose. A quel punto Irene/Roberto rischiava di perdere tutto e ha cominciato a difendersi attaccando Daniele distraendolo dai dubbi che gli erano sorti minacciandolo di allontanarsi, fino a realizzare la rottura.
Per Daniele deve essersi infranto tutto il sogno riportandolo a tutti i sentimenti di inadeguatezza e improponibilità che avevano consentito la relazione, con il senso a quel punto di esserne l’unico responsabile. Una delusione e un senso di fallimento troppo forti e assoluti per essere sopportati. Roberto è un uomo grande, che forse è riuscito poco nella vita, che vive in una piccola realtà dove le diversità non sono contemplate.
Se verrà confermata la causa della sua morte come suicidio sarà probabilmente stato motivato dal senso di essere stato scoperto, riconosciuto, dal pericolo di essere perseguitato, di dover mettere in piazza le sue perversioni, le debolezze che lo hanno portato a fingersi una ragazza per avere una relazione (seppur virtuale) con un bel ragazzo e per farsi mandare da lui foto intime. Un rapporto a cui non avrebbe mai potuto accedere nella vita reale e che ha dovuto rubare contando sull’ingenuità e l’inesperienza di Daniele.
Daniele è un bravo ragazzo. Ha completato i suoi studi e lavora già come geometra nella ditta di suo padre. Sembra realizzare un normale percorso di vita, ma non ha amici e non ha mai avuto una ragazza. È come se non si fosse ancora mai affacciato al mondo e alle relazioni sociali, che non si sia ancora messo in gioco. Perché? Dalle informazioni che circolano in televisione e online emerge il profilo di un ragazzo insicuro, che forse non ha un alto senso di proponibilità, che non ha costruito gli strumenti minimi per stare in mezzo ai coetanei e tanto meno per esporsi e proporsi all’altro sesso.
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